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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2014 alle ore 06:37.

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Ancora una volta sono le banche centrali a dettare la linea sui mercati finanziari. E al piccolo risparmiatore non resta che assecondare questi orientamenti per non trovarsi spiazzato. Una situazione che si trascina dal 2008 e che dimostra come i l ritorno alla normalità sui mercati sia ancora ben lontano.
Tra gli operatori Usa circola il detto "Don't fight the Fed" (non andare contro la Fed) e ora andrà aggiornato nella versione europea con "Don't fight the Ecb" (non andare contro la Bce). Il mercato comincia infatti a dare quasi per scontato che a entro pochi mesi anche l'istituto di Francoforte metterà in campo il quantitative easing, ovvero l'allentamento monetario attraverso l'acquisto di bond. Il dato uscito ieri relativamente all'indice Ifo (fiducia imprese) in Germania, con il quarto calo consecutivo, dimostra come anche la prima economia dell'area euro si sia inceppata. Le parole pronunciate venerdì scorso a Jackson Hole dal numero uno della Bce, Mario Draghi, sono risuonate con maggiore attualità: la Bce appare più possibilista verso un quantitative easing a fronte di seri piani di riforme da parte dei Governi. I mercati hanno subito riallineato questa nuova prospettiva spingendo ai minimi i rendimenti sui bond governativi: il BTp è scivolato verso un 2,44% per poi risalire al 2,48%. Il Bund staziona stabilmente sotto l'1 percento.
Cosa fare dunque? «Troppo pericoloso - spiega Gianni Lupotto, consulente finanziario indipendente - acquistare titoli di Stato a tasso fisso oggi per chi è fuori. Per chi è investito il consiglio è di continuare a uscire con lentezza e regolarità. I tassi ovviamente sono insolitamente bassi, ma è difficile immaginare quando ci sarà un inversione di tendenza. Il quadro resta di stagnazione. Per chi proprio volesse entrare o restare investito ha più senso puntare sui BTp legati all'inflazione, sia italiana che europea, che rendono come gli equivalenti ordinari. Ad esempio l'ultimo BTp Italia, scadenza aprile 2020, ha un rendimento reale dell'1,05% a fronte dell'1,20% del BTp nominale. Sconta un'inflazione dello 0,15%, praticamente inesistente , per i prossimi 6 anni. Ed è difficili immaginare un'inflazione praticamente a zero da qua al 2020, senza contare che in caso malaugurato di deflazione i BTp Italia non penalizzano i risparmiatori».
Anche per Davide Pasquali, presidente di Pharus Sicav, i rendimenti hanno raggiunto livelli insolitamente bassi e «chi non pensa che si entrerà (se non lo si è già) in un periodo deflattivo in Europa, deve stare attento ed essere pronto a prendere profitto non appena si manifesteranno segnali di ripresa economica sostenuta».
Se questo è il quadro è necessario che il risparmiatore medio vada a caccia di alternative, ma le soluzioni non sono molte anche se non bisogna mai dimenticare che l'inflazione quasi a zero, come nel caso italiano, consente sempre dei ritorni reali positivi anche con interessi intorno all'1% o poco più.
Per avere guadagni più sostanziosi, sempre in campo obbligazionario, ci sono ad esempio gli high yield, ovvero i bond societari più speculativi con rating al di sotto dell'investment grade e che hanno quindi maggiore volatilità. Ma non solo.
Secondo Pasquali «le alternative ai titoli di Stato sono titoli corporate che presentano rendimenti superiori ai governativi. Gli spread che i corporate offrono sono ovviamente diminuiti rispetto al passato, ma in alcuni casi si possono trovare obbligazioni con rating BBB che offrono rendimenti pari al doppio di quelli dei titoli di Stato. Inutile sottolineare che nel campo corporate bisognerebbe evitare il fai da te, perché è necessario fare debite valutazioni sul grado di probabilità di rimborso del prestito di un emittente che si vuole inserire in un portafoglio».
In alternativa, per i clienti che hanno un profilo di rischio più aggressivo, Pasquali suggerisce di investire in azioni ad alto dividendo o nel settore biotech.
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