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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2014 alle ore 06:38.

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Gli ucraini sostengono che siano entrati dalla Russia, i separatisti smentiscono: in ogni caso, nel confronto tra i ribelli filorussi e le forze di Kiev rischia di aprirsi un secondo fronte. A sud di Donetsk: gli ucraini affermano di essere stati impegnati in battaglia contro una colonna di dieci carri armati e due blindati provenienti dalla Russia, malgrado si nascondessero dietro le insegne delle forze del Donbass. Li avrebbero fermati presso Novoazovsk, sul mare, non lontano da Mariupol. «La zona ora è bloccata dalle truppe ucraine», ha chiarito da Kiev il portavoce militare Andriy Lysenko. Forse un primo tentativo di aprire ai separatisti un corridoio tra Donetsk e Luhansk, ancora sotto il loro controllo, e il mare, magari la Crimea ormai in mano ai russi. E Kiev sosteneva ieri sera di aver catturato dieci parà russi, nei pressi del villaggio di Dzerkalne. Non è certo uno scenario che spinga a credere che oggi, quando Vladimir Putin e il presidente ucraino Petro Poroshenko saranno uno di fronte all'altro a Minsk, dal loro incontro possa nascere una possibilità di pace.
Nessuno sembra disposto a fare un primo passo: anzi, la Russia soffia sul fuoco. Il ministro degli Esteri Serghej Lavrov ha annunciato ieri l'intenzione di spedire in Ucraina un secondo convoglio umanitario, ora che si è conclusa una prima, controversa missione. Prima di partire per Minsk, Poroshenko ha annunciato lo scioglimento della Rada, il Parlamento di Kiev, convocando elezioni per ottobre, come previsto. E in una telefonata al presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, Poroshenko ha espresso tutte le proprie preoccupazioni per le mosse e le dichiarazioni di Mosca. Secondo la Nato, il Cremlino si sarebbe servito del clamore provocato dal viaggio del suo primo convoglio per attirare l'attenzione su quei 200 e più camion "inoffensivi", carichi effettivamente di aiuti umanitari, per nascondere la mobilitazione di forze russe lungo il confine con l'Ucraina ma anche - secondo diverse testimonianze - nella zona del conflitto. L'apporto di uomini e armamenti starebbe aiutando i separatisti a riguadagnare terreno sulle forze di Kiev, dopo le sconfitte delle scorse settimane.
A proposito della battaglia con i dieci carri armati, da Mosca Lavrov ha detto di non averne notizia, e ha aggiunto che «c'è molta disinformazione riguardo alle nostre "incursioni"». Poi ha detto di augurarsi che oggi, all'incontro di Minsk, l'Occidente «non metta tutto il peso sulle spalle di Mosca», aspettandosi «che noi risolveremo per magia le cose per loro. Non funzionerà». Le proposte russe sono quelle di sempre, l'invito a un cessate il fuoco nell'Est Ucraina e negoziati tra tutte le parti coinvolte nel confronto: un punto su cui Kiev ha già opposto il rifiuto a parlare con i separatisti che non accettino di abbandonare le armi.
Ed è proprio Angela Merkel, sabato scorso in missione a Kiev per convincere Poroshenko a concedere qualcosa a Putin, a raffreddare le speranze: «Un grosso risultato positivo» sarà improbabile, ha spiegato il cancelliere tedesco al suo ritorno dall'Ucraina. Anche se, ha aggiunto, «se si vuole cercare una soluzione bisogna parlarsi».
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IL PRIMO «FACCIA A FACCIA»
Al tavolo di Minsk
Il ministro degli Esteri russo Serghej Lavorv ha detto che i colloqui di oggi a Minsk si concentreranno sui rapporti economici, la crisi umanitaria e le prospettive di una soluzione politica della crisi ucraina. All'incontro, oltre a Vladimir Putin e a Petro Poroshenko, presidente ucraino, parteciperanno anche i commissari Ue all'Energia (Günther Oettinger) e al Commercio (Karel De Gucht), oltre a Catherine Ashton, Alto rappresentante della Ue per gli Affari esteri.

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