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Questo articolo è stato pubblicato il 27 agosto 2014 alle ore 06:38.

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Le speranze erano minime, la posta in gioco altissima: «Il destino della pace e dell'Europa si giocano oggi a Minsk», aveva esordito il presidente ucraino Petro Poroshenko. Anche l'inizio, nella capitale bielorussa, non era stato promettente: come di consueto Vladimir Putin aveva fatto aspettare tutti, arrivando in ritardo di mezz'ora all'incontro tra i Paesi membri dell'Unione doganale (Russia, Bielorussia e Kazakhstan) con l'Ucraina e l'Unione Europea, rappresentata da Catherine Ashton, responsabile per gli Affari Esteri, e i commissari Ue all'Energia, Günther Oettinger, e al Commercio, Karel De Gucht. Un pretesto, le questioni commerciali, per far avvicinare Poroshenko e Putin: anche se fino all'ultimo non si sarebbe potuto scommettere su un incontro bilaterale tra loro, da soli.
E invece Putin e Poroshenko si sono finalmente parlati, a porte chiuse, per circa due ore. A questo, in mancanza d'altro, si sono aggrappate le speranze per una svolta positiva della crisi. È stato Poroshenko, dopo aver lasciato il Palazzo della presidenza dopo le 11 di sera di Minsk (le 22 in Italia), a offrire per primo qualche dettaglio in più. Ha parlato di colloqui «molto duri e complessi», di un accordo per avviare consultazioni tra le guardie di confine russe e ucraine. E ha spiegato che si lavorerà a un piano per arrivare «il prima possibile» a un cessate il fuoco.
Subito dopo, Putin ha riferito di aver discusso della necessità di una rapida fine della carneficina in Ucraina e della soluzione della crisi con le regioni separatiste ucraine, avviando un processo politico. Ha anche riferito di aver concordato la ripresa delle consultazioni sulla vendita di gas russo a Kiev, bloccata da giugno. «Faremo tutto il possibile per realizzare progressi di pace, dobbiamo intensificare il dialogo su molte questioni», ha detto Putin. I due presidenti hanno parlato anche della possibilità di un altro incontro.
«Non si può risolvere (la crisi ucraina, ndr) con un'ulteriore escalation - aveva detto Putin al tavolo dell'incontro multilaterale - senza tenere conto degli interessi delle regioni sud-orientali del Paese, senza un dialogo con i loro rappresentanti». «Capisco - aveva risposto Poroshenko - che tutti gli attori coinvolti in questa situazione vorrebbero uscirne con dignità. Sono pronto a discutere diverse opzioni che consentano un'exit strategy verso un futuro pacifico per l'Ucraina, per l'Europa». Parole che forse ora appariranno più credibili.
A Minsk Poroshenko era arrivato con una prova del coinvolgimento diretto russo in Ucraina orientale: dieci soldati di una divisione di paracadutisti catturati lunedì presso Amvrosiivka, vicino al confine con la Russia. Cinque di loro appaiono in un video che il comando dell'operazione anti-terrorismo ucraina ha pubblicato in rete, e in cui i soldati affermano di essere stati tenuti all'oscuro del tipo di missione cui erano stati chiamati. E di essersi ritrovati in Ucraina senza saperlo. Secondo una fonte del ministero russo della Difesa, stavano pattugliando il confine, attraversato inavvertitamente. Ma secondo Kiev, proprio lunedì un convoglio di carri armati e blindati aveva attraversato il confine presso Novoazovsk, sul mar d'Azov, con l'obiettivo di aprire un secondo fronte a Sud della regione rimasta in mano ai separatisti.
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IN MISSIONE SPECIALE
«Come Cappuccetto Rosso»
Per dimostrare che la Russia ha effettivamente inviato forze oltreconfine a sostegno dei separatisti, l'Ucraina ha diffuso il video (nella foto) delle testimonianze raccolte da un gruppo di paracadutisti russi che sarebbero stati catturati dopo aver attraversato il confine russo-ucraino per quella che il portavoce militare ucraino Andriy Lysenko ha definito «una missione speciale». La spiegazione fornita da Mosca è che gli uomini, impegnati in esercitazioni militari, abbiano passato il confine per errore. «Non è stato un errore - è invece il commento di Lysenko - stavano effettuando una missione speciale. Ma la reazione della Russia è semplice: i paracadutisti si sono persi come Cappuccetto Rosso nella foresta». Nel video uno dei soldati russi prigionieri, che si identifica come Ivan Milchakov, spiega di appartenere a un reggimento di paracadutisti con base nella città russa di Kostroma.
«Siamo carne da cannone»
«Non ho visto dove abbiamo varcato il confine - spiega -. Ci avevano solo detto che avremmo effettuato una marcia di 70 km. Qui tutto è diverso, non è come appare in televisione. Siamo venuti come carne da cannone».

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