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Questo articolo è stato pubblicato il 27 agosto 2014 alle ore 10:55.
L'ultima modifica è del 28 agosto 2014 alle ore 13:39.

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Minaccia a Israele: ribelli siriani sulle alture del Golan
La battaglia tra l'esercito siriano e i ribelli si è spinta fino al confine con Israele, sulle alture del Golan. I miliziani che combattono il regime di Bashar Assad avrebbero conquistato, dopo duri combattimenti, il valico di Quneitra, alla frontiera con lo Stato ebraico. Secondo il direttore dell'Osservatorio siriano per i diritti umani, Rami Abdel Rahman, il valico è stato conquistato dal «Fronte al Nusra e da altri gruppi di ribelli», ma l'esatta identità dei miliziani resta incerta. Il Fronte al Nustra, legato ad Al Qaeda, già in passato aveva tentato di conquistare quella fetta di territorio conquistata da Israele nel 1967, durante la Guerra dei sei giorni.

La tensione è altissima: un militare israeliano è rimasto ferito da pallottole vaganti e l'artiglieria ha risposto colpendo due postazioni siriane sulle alture del Golan. Secondo testimoni citati da Haaretz, in alcuni terreni agricoli sono caduti colpi di mortaio. Negli scontri tra l'esercito siriano e i ribelli sono morti almeno 20 lealisti.

I due fronti di Obama
Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e i leader militari stanno prendendo in considerazione un intervento di terra in Siria e un ampliamento dei raid aerei contro lo Stato Islamico (l'ex Isis, oggi Is). Sul fronte internazionale, ieri la Casa Bianca ha esplicitamente escluso di accettare aiuto e coordinamento dal regime di Assad che solo un anno fa voleva bombardare e che oggi è accusato da un'inchiesta Onu di continuare a usare armi chimichesui civili. Sul fronte interno, Obama ha un ostacolo da superare: il Congresso americano. I parlamentari dovrebbero tornare dalle vacanze all'inizio di settembre e i legislatori più influenti di entrambi gli schieramenti del Senato a Washington stanno spingendo l'amministrazione Obama a mettere ai voti l'eventuale azione militare.

La richiesta è «bipartisan»: la motivazione è che le precedenti autorizzazioni del Congresso per combattere il terrore fondamentalista (concesse nel 2001 e nel 2002 rispettivamente per l'invasione di Afghanistan e Iraq) sono vecchie e non danno al presidente il potere di cui ha bisogno per lanciare in questi giorni una campagna contro lo Stato Islamico.

Gli stranieri in guerra
Man mano che sale l'allarme per i terroristi dell'Is che hanno cancellato il confine fra Iraq e Siria in nome del Califfato priclamato via web con un video su Youtube, si scoprono sempre più "stranieri" reclutati, ovvero cittadini di Paesi di tutto il mondo che sono confluiti nelle file del gruppo terroristico che agisce fra Iraq e Siria e che Obama pensa di bombardare.

Non solo il cittadino britannico sospettato di essere il boia nel video della pre-decapitazione del giornalista amerciano James Foley - ma gruppi di filippini, italiani, americani e - è notizia di oggi - quindici australiani, compresi due kamikaze, sono stati uccisi in combattimento in Siria e in Iraq. Lo ha detto il capo dell'intelligence, David Irvine, che ha avvertito che le minacce dello spionaggio e di un intervento straniero stanno aumentando.

La paura delle intelligence: dall'Australia agli Usa
Tanto che l'intelligence australiana ha inziato a lavorare con quella indonesiana e darsi un comune codice di condotta per affrontare la minaccia. Canberra ha manifestato allarme per il fatto che circa sessanta australiani hanno aderito oltreoceano a gruppi violenti della jihad, come lo Stato Islamico. «Il richiamo di combattenti stranieri in Siria e in Iraq è consistente e comprende più australiani di tutti gli altri precedenti conflitti fondamentalisti messi insieme» ha detto Irvine.

Douglas McAuthur McCain, 33enne americano cresciuto in Minnesota, era uno jihadista americano ucciso in Siria, conferma oggi la Casa Bianca. Una delle principali preoccupazioni dell'amministrazione americana è che cittadini statunitensi combattenti con le milizie in Siaria possano rientrare in patria per organizzare attacchi jihadisti. Un portavoce del Dipartimento di Stato, intervistato dalla Cnn, ha stimato fino ad un centinaio gli americani che combattono a fianco dei miliziani in Siria.

Intanto in Arabia Saudita sono state arrestate otto persone con l'accusa di reclutare giovani per i gruppi islamisti che combattono all'estero, in particolare in Siria e Iraq. Lo ha riferito un portavoce del ministero dell'Interno di Riad, citato dall'agenzia Spa. Il portavoce ha spiegato che gli arresti sono stati eseguiti in un'operazione condotta a Tumair, città a nord della capitale, e scattata dopo le denunce dei genitori di alcuni dei giovani spinti alla Jihad all'estero.

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