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Questo articolo è stato pubblicato il 28 agosto 2014 alle ore 06:38.

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Il Brasile torna sulla scena mondiale. Certo, se ne parla ancora di quella maledetta partita con la Germania, se ne discute nei botequim (osterie) di periferia a Rio de Janeiro e nei loft di San Paolo, ma il calcio stavolta non c'entra.
È la politica che prevale nelle conversazioni della gente, infiama i talk show televisivi e catalizza l'attenzione degli operatori finanziari. Soprattutto quando la favorita alle elezioni presidenziali che si terranno tra poco più di un mese diventa Marina Silva. Ambientalista, 56 anni, esponente del Partito Verde, già ministro del governo Lula, è un personaggio noto in Brasile e fino a pochi giorni fa pareva avviarsi verso un piazzamento onorevole, al secondo o al terzo posto. Con Dilma Rousseff, superfavorita, rieletta alla presidenza del Paese.
Invece no, contrordine compagni. L'istituto di sondaggi Ibope, il più autorevole del Paese, ha ribaltato le previsioni: Marina Silva potrebbe costringere Rousseff al ballottaggio e poi batterla. Nel primo dibattito televisivo, pochi giorni fa, si sono confrontate la presidente in carica Rousseff e la Silva, semplicemente "Marina" per tutti i brasiliani. Ebbene, la partita si è conclusa a favore della sfidante.
È parsa più sicura sui temi della giustizia sociale e del l'ambiente, imputando alla sinistra tradizionale incarnata dal Pt (Partito dei lavoratori), quello di Rousseff e di Inacio Lula da Silva, un'eccessiva consuetudine con il potere, degenerata spesso in fenomeni di corruzione.
A Dilma viene assegnato il maggior numero di votanti al primo turno, in programma il 5 ottobre, il 34 per cento. A Marina Silva il 29% e al moderato Aecio Neves il 19% ,ma sarebbe il ballottaggio, secondo i sondaggisti a determinare la vittoria della Silva. Le due donne, Rousseff e Silva, incarnano senza alcun dubbio i valori della sinistra brasiliana: sarà il carisma e la capacità dialettica a prevalere, i partiti resteranno sullo sfondo.
Marina ha una storia tutta brasiliana, persino più suggestiva di quella di Lula, l'operaio che dopo una vita di stenti diventa presidente. È nata a Rio Branco, nello stato amazzonico dell'Acre, in una famiglia poverissima con undici figli. Analfabeta fino a 15 anni, impara a leggere e scrivere in un convento. Poi comincia a lavorare come collaboratrice domestica e intanto studia.
Si laurea in Storia, si avvicina al sindacato, si impegna nella causa ambientale, fino a diventare la più stretta collaboratrice di Chico Mendes, fondatore del movimento dei "seringueiros", i raccoglitori di caucciù dell'Amazzonia. Quando Mendes è assassinato dai grandi latifondisti, ne rileva l'eredità politica.
Negli ultimi anni ha rilanciato con forza i punti salienti del suo programma: «Non vogliamo ripetere in Amazzonia gli errori fatti nella Mata Atlantica, di cui resta solo il 5%, o del Cerrado, di cui resta il 50 per cento». Come in tutta la vita di Marina c'è un po' di fatalità nella sua candidatura: due settimane fa è morto in un incidente aereo Eduardo Campos, il candidato presidente in ticket con lei. Un evento drammatico e inaspettato che l'ha proiettata sulla ribalta.
È nelle prime 5 lettere dell'alfabeto che si gioca la strategia dei tre candidati alle presidenziali. A, B, C, D, E, rappresentano le classi sociali brasiliane: la "A" è la più ricca, la "E" è la più povera. Dilma, Marina e Aecio attingono a elettori diversi ma vincerà chi riuscirà a raccogliere il maggior numero di consensi nella "C", quella classe media emergente che pesa per il 54 per cento.
La gestione di Lula (due mandati) e poi di Rousseff presenta un bilancio positivo, più di 30 milioni di poveri sottratti alla miseria ma ancora una volta non sarà l'economia a dirimere il confronto tra i candidati elettorali. La storia personale, la capacità empatica e il carisma saranno i fattori cruciali. La vita di Marina Silva, un'analfabeta che diventa presidente, potrebbe affascinare più del suo programma elettorale, poco chiaro in economia.
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