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Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2014 alle ore 07:48.
L'ultima modifica è del 29 agosto 2014 alle ore 12:00.

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(Corbis)(Corbis)

TOKYO – L'ex Paese della deflazione ha decisamente passato il testimone dei prezzi stagnanti all'Eurozona. In Giappone a luglio l'inflazione "core" (che esclude gli alimentari freschi) si è confermata a un +3,3%, che diventa +3,4% includendo il fresh food. Una dinamica accelerata dal rialzo dell'Iva dal 5 all'8% scattato in aprile: senza questo effetto temporaneo i prezzi al consumo "core" risultano saliti dell'1,3%, un dato sostanzialmente in linea con le attese, che allontana per il momento la prospettiva di nuovi interventi in senso espansivo da parte della banca centrale.

Mentre alla Banca del Giappone e negli uffici studi dei broker si tiene in considerazione appunto solo il dato che esclude l'effetto-Iva, i consumatori sentono – eccome – il doppio peso della fine della deflazione e dell'aumento delle imposte indirette: la spesa delle famiglie risulta infatti in calo del 5,9%, quasi il doppio rispetto alle prevalenti aspettative. Il che appare logico, vista l'erosione del potere di acquisto: i salari non tengono il passo con l'inflazione e il reddito reale risulta in calo del 6,2% rispetto a un anno prima.
In più, il leggero aumento del tasso di disoccupazione dal 3,7 al 3,8% sembra andare contro i proclami ottimisti della banca centrale, secondo cui il mercato del lavoro in irrigidimento porterà sicuramente a un incremento dei salari e sosterrà quindi le spinte inflazionistiche verso il target ufficiale del 2% che si conta di raggiungere l'anno prossimo.

Anche la produzione industriale è risultata al di sotto delle attese, con una modesta crescita dello 0,2% a luglio, dopo il forte calo del 3,4% registrato a giugno. Tirando le somme, occorrerà attendere nuovi dati per verificare se l'economia giapponese si stia davvero riprendendo e possa sopportare la prospettiva di ulteriori rialzi della pressione fiscale indiretta (il governo deve decidere entro fine anno se dare l'ok definitivo a un'Iva al 10% a partire dall'ottobre 2015). Sarà cruciale il dato sul Pil del terzo trimestre, dopo che nel periodo aprile-giugno l'economia ha registrato una contrazione annualizzata del 6,8% dovuta appunto all'effetto-Iva. Il governo, intanto, constatato che il momentum dell'Abenomics è evaporato sul primo provvedimento non espansivo introdotto dopo molti stimoli, sta pensando a nuove manovre di sostegno all'economia.

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