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Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2014 alle ore 14:17.
L'ultima modifica è del 29 agosto 2014 alle ore 16:31.

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Prezzi in discesa su base annua. Quindi deflazione. Quindi: un male che si aggiunge agli altri mali dell'economia italiana. È questa la catena "logica" che il dato sull'indice dei prezzi – in calo per la prima volta dal 1959 su base annua – potrebbe generare. È un ragionamento che però non tiene, non ha alcuna logica. I prezzi freddi sono sicuramente il segnale di una situazione economica non sana – il Paese è tecnicamente in recessione per la terza volta dal 2008 – ma non deve aggiungere ulteriori grandi preoccupazioni.

Prezzi in calo?
Parlare di prezzi in calo è sicuramente fuorviante. È l'indice che cala, una media dei prezzi, per giunta ponderata: ogni bene "pesa", nel calcolo, in dipendenza della sua importanza nei consumi degli italiani. A calare sono stati soprattutto i prezzi dei beni energetici – che pesano abbastanza sull'indice - in flessione del 3,7% annuo (del 6,7% addirittura i beni energetici regolamentati, i cui prezzi non sono decisi sono dal mercato). Escludendo questi beni, l'indice non solo è aumentato, sia pure di poco, ma ha addirittura accelerato: dallo 0,3% annuo di luglio, è passato allo 0,4% di agosto. Oltre all'energia, solo i prodotti alimentari e le comunicazioni hanno visto i prezzi calare. Sono quindi alcuni prezzi, molto importanti, a scendere, ma non tutti.

Aritmetica, non economia

Se poi si pongono le cose in prospettiva, è importante ricordare che – a livello globale – i prezzi dell'energia erano saliti, e molto, tra giugno e agosto del 2013. È normale che, nel confronto, in questo agosto appaia un forte decremento che però aritmetico, statistico (si parla di effetto base), e non ha un forte significato economico.

Deflazione?
In questo senso, non si può parlare di deflazione. La deflazione è un calo generalizzato dei prezzi, ma questo non è il caso. Quello che sta avvenendo è una accentuata variazione dei prezzi relativi: il costo dell'energia si sta abbassando, e molto, rispetto ai prezzi degli altri prodotti e servizi. Dal momento che benzina, gasolio, gas ed elettricità sono beni a cui è difficile rinunciare, se non in minima parte, questo fenomeno significa che, a parità di reddito disponibile, ci sono più risorse per comprare altre cose. "A parità di reddito", ovviamente, è una condizione non facile da soddisfare in una fase di disoccupazione crescente; ma questo è un problema diverso…

La deflazione è un male?
Non sempre la deflazione è un male. Un calo dei prezzi aumenta il potere d'acquisto delle famiglie, e può rendere più competitive le merci all'estero. Tutto dipende quindi dalla causa: se la causa è un aumento della produttività, o una trasformazione strutturale dei mercato, che diventa più concorrenziale, non va temuta. Se dipende invece da una recessione, va temuta innanzitutto la recessione e la disoccupazione che a essa si accompagna. La deflazione diventa distruttiva principalmente per due motivi. Innanzitutto è un male se non è prevista, perché rende difficile pagare i debiti: vanno rimborsati con una moneta che vale sempre più beni (da acquistare e vendere) e con tassi di interesse che non ne tengono conto. Poi quando scatena aspettative distorte: quando famiglie e aziende, in previsione di prezzi più bassi, rinunciano cioè agli acquisti di beni non durevoli e di beni capitali, riducendo così la domanda. È questo rischio che fa temere la deflazione. Al punto che molti economisti invitano a non chiamare deflazione il semplice calo dei prezzi (e tantomeno quello dell'indice).

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