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Questo articolo è stato pubblicato il 04 settembre 2014 alle ore 07:32.
L'ultima modifica è del 04 settembre 2014 alle ore 13:42.

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Una bolla sulla bolla. Gli studenti americani, già esposti a un debito complessivo di più di 1000 miliardi di dollari in prestiti d'onore, si stanno dando agli investimenti in borsa per recuperare "in maniera rapida" le somme dovute ai rispettivi college. L'esperimento è rischioso, ma funziona? Dipende: complice la scarsa conoscenza in materia e le influenze non sempre illuminanti di blog e social network, il trend potrebbe appesantire un debito medio che nel solo 2012 viaggiava sui 29.400 dollari pro capite per i laureati nei corsi bachelor, i nostri trienni. È il quadro che emerge da un sondaggio della società di intermediazione finanziaria Scottrade sulle abitudini di investimento nelle varie generazioni Usa.

Una "via facile" per fare soldi
Niente di nuovo: investire è rischioso, a maggior ragione se le finanze alle spalle sono ipotecate dai tassi di interesse degli student loan e una disoccupazione che non risparmia più neppure gli allievi delle school of law più blasonate. Senza contare crisi, sfiducia nella finanza in blocco e una conoscenza sull'andamento del mercato azionario che non sembra solidissima neppure fra i trader più esperti: secondo un'indagine dell'agenzia di sondaggi americana Gallup, quasi 9 investitori su 10 hanno una competenza "generica" dei risultati messi a segno l'anno scorso dai titoli quotati a Wall Street.
Ma allora, cosa ha fatto scattare la molla? I cosiddetti millennials, i giovani nati dagli anni '80 in poi, continuano a vedere nell'investimento una via facile per fare soldi: secondo Scottrade, i neofiti di Wall Street con età inferiore ai 35 anni basano un terzo delle proprie entrate sui titoli acquistati nel listino americano. Una quota ben più corposa del 20% che si registra tra chi li ha preceduti, come i cosiddetti baby boomers. La generazione nata tra gli anni '50 e '60 non disdegna le illusioni del guadagno rapido, ma seleziona gli investimenti con cura maggiore e preferisce le consulenze accreditate a quelle diffuse sul web. Perché proprio su internet si innesca l'altro rischio rilevato da alcuni analisti: "l'effetto sciame" che porta i giovanissimi investitori a seguire in massa i trend creati da social network e blog finanziari come Benzinga, Stocktwith e Seeking Alpha. A quanto evidenziato dallo stesso Benzinga, sito di analisi e news per gli investitori, gli utenti nella fascia dai 25 ai 35 anni sono volati del 20% nell'arco di appena due anni. Nonostante altre analisi, come quella appena pubblicata dal sito Bankrate, dipingano ancora i giovani Usa come più "conservatori" negli investimenti e inclini al cash "tre volte tanto" rispetto alle azioni.

Prima investi, meglio è. Secondo le agenzie...
Insomma: tutto nasce sui social? Non proprio, perché sono le stesse agenzie che erogano i prestiti a suggerire la pratica dell'investimento. Social Finance (SoFi), azienda specializzata nel rifanziamento via crowdfunding dei debiti studentesche e più di recente nella cartolarizzazione dei loans stessi, invita i laureati a «non perdete tempo prezioso» per gli investimenti: «Prima inizi a investire, più tempo ha il tuo portfolio di crescere grazie alla magia dell'interesse composto. Ma aspetti di iniziare fno a che il tuo debito studentesco non è stato completamente ripagato, perderai un sacco di quel tempo prezioso».

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