Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 08 settembre 2014 alle ore 07:22.

My24

Quella che inizia oggi sarà una settimana da ricordare per i bond islamici, ovvero i sukuk, gli investimenti conformi alla Sharia. Negli Stati Uniti Goldman Sachs si sta preparando a emettere il suo primo bond islamico: come riportato dal Financial Times, la potente banca d'affari di Wall Street incontrerà gli investitori del Qatar e degli Emirati Arabi Uniti per obbligazioni quinquennali da 500 milioni di dollari. Una decisione che rientra negli obiettivi di Goldman Sachs di diversificare le proprie fonti di finanziamento.

Ma il colosso della finanza Usa non è solo: dall'altra parte dell'oceano, in pieno Continente Nero, il Sudafrica vuole diventare il secondo Paese non musulmano a emettere sukuk per un ammontare di almeno 500 milioni di dollari. Il successo dell'emissione "islamica" del Regno Unito, la prima di un Paese occidentale, avvenuta in giugno con una raccolta di oltre 200 milioni di sterline, evidentemente ha fatto scuola. Gli incontri con gli investitori per il futuro bond islamico di Pretoria verranno coordinati da BNP Paribas, Standard Bank e KFH Investment (unità operativa di Kuwait Finance House).

Finora, in Africa solo Gambia e Sudan avevano emesso sukuk, per somme non stratosferiche. Ma la platea di fan dei bond islamici si sta allargando in fretta, per intercettare i ricchi flussi di liquidità mediorientali e asiatici finanziando le future infrastrutture del Continente africano.

Due parole sui sukuk: sono certificati di investimento conformi alla Sharia, la legge islamica tradizionale, che proibisce il prestito a interesse. A differenza delle obbligazioni, devono corrispondere a un progetto (spesso immobiliare o infrastrutturale).

Anche l'Asia non sta a guardare. Il Governo di Hong Kong (rating tripla A) ha già iniziato il roadshow per il suo sukuk: toccherà Singapore, Kuala Lumpur, Dubai, Doha, Abu Dhabi e Londra. A curare l'emissione saranno HSBC, Standard Chartered, CIMB Group Holdings e la National Bank di Abu Dhabi. La taglia? Non ci sono ancora informazioni ufficiali, ma gli operatori ipotizzano una "forchetta" da 500 milioni a 1 miliardi di dollari, per un titolo quinquennale.

Quanto all'Europa, dopo Londra si sta muovendo il Lussemburgo. Il Paese "tripla A" sta effettuando alcune modifiche normative per raccogliere 200 milioni di euro con un bond islamico, finanziando infrastrutture. Anche se il più determinato in Europa resta il Regno Unito: Londra vuole diventare «l'hub occidentale della finanza islamica - come ha annunciato in giugno George Osborne, cancelliere dello Scacchiere - nell'ottica dell'obiettivo di lungo termine di fare della Gran Bretagna il centro indiscusso del sistema finanziario globale».

Sì perché, come ha sottolineato a suo tempo il premier britannico David Cameron, «la finanza islamica cresce a un ritmo superiore del 50% al settore bancario tradizionale e gli investimenti a livello globale cresceranno a 1.300 miliardi di sterline entro il 2014, e per questo vogliamo assicurarci che una grossa percentuale di questi nuovi investimenti siano qui in Gran Bretagna».

Del resto una buona parte della skyline londinese esiste proprio grazie ai sukuk: dallo Shard London Bridge, il grattacielo più alto dell'Unione europea con i suoi 310 metri d'altezza disegnati da Renzo Piano, al villaggio Olimpico costruito per i Giochi del 2012.

E l'Italia? Qualcuno si sta già muovendo, come la società di servizi finanziari Azimut Holding. «Non siamo conosciuti nel mondo della finanza islamica – spiega da Istanbul Giorgio Medda, ceo di AZ Global Management (sussidiaria turca di Azimut Holding) – ma in quattro mesi siamo risciti a raccogliere 55 milioni di dollari con il nostro fondo Global Sukuk UCITS. Che peraltro non abbiamo ancora commercializzato in Asia e nei Paesi del Golfo».

Secondo recenti stime di Moody's Investor Service, nel 2014 le emissioni in essere in sukuk sono destinate sfiorare quota 300 miliardi di dollari, con più di un terzo emesse da Stati sovrani. Ma la cifrà lieviterà sensibilmente nei prossimi anni per finanziare l'Expo 2020, conquistato da Dubai. Un "bottino" sul quale l'Occidente è destinato a non restare indifferente.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi