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Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2014 alle ore 16:04.
L'ultima modifica è del 09 settembre 2014 alle ore 20:18.

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Dai sintomi che devono mettere in allarme alle indicazioni per i medici di base, fino alle regole che gli ospedali devono seguire per isolare e gestire un eventuale caso di Ebola. È quanto prevede il protocollo ad hoc del sistema sanitario nazionale italiano: una serie di precise misure, ricordate alle Regioni e agli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera in una circolare inviata ad agosto e firmata dal direttore dell'Ufficio malattie infettive e profilassi internazionale, bioterrorismo, Maria Grazia Pompa.

Per quanto la «probabilità di casi importati nel nostro Paese» sia «molto bassa», il ministero garantisce che «la capacità di risposta del sistema sanitario nazionale, nell'ipotesi del verificarsi di casi di Ebola sul nostro territorio, è adeguata ad individuarli e confermarli, e ad isolarli, per interrompere la possibile trasmissione anche di questo agente patogeno altamente infettivo».

I medici siano «vigili»
La prima indicazione del ministero è ai medici invitati ad essere «vigili» rispetto ai pazienti che hanno zone colpite dalla febbre emorragica virale «e sviluppano una malattia non altrimenti spiegabile».

I sintomi che devono mettere in allarme
In questi casi «i pazienti devono ricevere rapidamente cure mediche e devono essere indagati i potenziali fattori di rischio di infezione e le modalità di un loro recente viaggio, considerando se hanno recentemente visitato una delle aree affette e se manifestano i seguenti sintomi, soprattutto ad insorgenza improvvisa, entro 21 giorni dalla visita nelle zone colpite come: febbre; mal di testa; mal di gola; diarrea profusa e vomito (una caratteristica rilevante dell'attuale focolaio); malessere generale.

Info a chi rientra in Italia da zone a rischio
Alle persone che tornano dalle aree a rischio viene consegnato un foglio informativo nel quale sono invitati a rivolgersi al medico di fiducia o ai servizi sanitari, in caso manifestino determinati sintomi entro 21 giorni dal loro arrivo. Nel caso in cui, invece, un medico valuti un paziente come sospetto è tenuto a mettersi in contatto con il reparto di malattie infettive di riferimento per la gestione del paziente. I medici del reparto di malattie infettive interessati, poi, faranno una prima valutazione per escludere o confermare il sospetto.

Il centro di riferimento nazionale è lo Spallanzanidi Roma
In questo secondo caso, contatteranno l'Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani, per confrontarsi sulla diagnosi e per l'eventuale gestione del paziente e per il prelievo e l'invio di campioni biologici al laboratorio a più elevato livello di biosicurezza sempre presso lo Spallanzani. I medici dei reparti che gestiscono i casi sospetti devono segnalarli immediatamente al ministero della Salute e ai servizi per il controllo delle malattie infettive, oltre che alle aziende sanitarie locali e degli assessorati alla Sanità delle Regioni. Il ministero invita anche alla «massima riservatezza professionale, per non procurare ingiustificato allarme, in attesa del referto di laboratorio dello Spallanzani».

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