Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2014 alle ore 14:15.
L'ultima modifica è del 09 settembre 2014 alle ore 17:38.

My24
David Cameron (Afp)David Cameron (Afp)

In un tour elettorale senza precedenti, il premier conservatore britannico David Cameron, assieme al suo vice, il liberaldemocratico Nick Clegg e al leader dell'opposizione laburista Ed Miliband, saranno mercoledì in visita in Scozia per difendere la campagna a favore del mantenimento dell'unità con la Gran Bretagna, in vista del referendum del 18 settembre che vede nei sondaggi per la prima volta in vantaggio gli indipendentisti.

«Siamo divisi su molte cose ma esiste una questione sulla quale siamo d'accordo appassionatamente: stiamo meglio insieme nel Regno Unito» si legge in un comunicato congiunto dei tre leader politici - che eccezionalmente salteranno la sessione settimanale di quesiti parlamentari alla Camera.

Lo scarto fra favorevoli e contrari si era fortemente ridotto due settimane fa per effetto soprattutto dell'ultimo dibattito televisivo fra le due parti, dominato dal First minister scozzese e leader indipendentista Alex Salmond.

Le ultime rilevazioni hanno sancito però il sorpasso del «sì», gettando nel panico un governo conservatore che aveva accettato lo svolgimento della consultazione nella convinzione di una facile vittoria il cui margine avrebbe forse permesso di archiviare la questione anche negli anni a venire. L'offerta dell'ultima ora di una maggiore autonomia è stata peraltro criticata dalla base dei Tories, che l'ha considerata come una capitolazione per cercare di porre rimedio a un errore di valutazione politica.

Anche il governatore della Banca centrale britannica Mark Carney è intervenuto nel dibattito e ha avvertito gli scozzesi: se scelgono l'indipendenza, ha detto, non possono mantenere un'unione valutaria con Londra. Tradotto: non possono continuare ad utilizzare la sterlina come mezzo di pagamento.

Il quesito referendario, negoziato nel 2012 con il governo di Londra, è: «La Scozia deve essere un Paese indipendente?». Se dovesse vincere il «sì», la Scozia ha intenzione di proclamare l'indipendenza nel marzo del 2016: successivamente, in un arco di due mesi, verrebbero organizzate delle elezioni politiche per eleggere un'Assemblea Costituente.

Da notare che da un punto di vista culturale e politico cambierebbe relativamente poco: in base all'Act of Union del 1707 la Scozia ha sempre conservato i propri sistemi giuridici e di istruzione, nonché la religione presbiteriana; inoltre, come accade per altri Paesi del Commonwealth, il monarca britannico rimarrebbe comunque Capo dello Stato (e della Chiesa di Scozia). Non è invece chiaro quale sarebbe lo status scozzese all'interno dell'Unione Europea, i cui Trattati non contemplano la possibilità di una secessione in seno ai Paesi membri.

Sul versante opposto, il leader degli indipendendisti continua la sua campagna. Forte dei sondaggi che segnano l'avanzata dei nazionalisti a pochi giorni dal referendum che si terrà in Scozia il 18 settembre, il leader Alex Salmond si mostra sicuro nella sua marcia verso le urne e respinge le proposte di maggiore autonomia presentate dagli unionisti bollandole come «niente di nuovo».

Hanno «solo rimpacchettato quanto già detto e già proposto» ha detto il leader dell'Snp (partito nazionalista scozzese) che guida la campagna per il «sì», in risposta alla iniziativa dei tre principali partiti compatti nell'appoggiare il piano per riconoscere maggiori poteri al parlamento scozzese nel caso di vittoria del «no».

Una promessa di cui si è fatto portavoce l'ex primo ministro laburista Gordon Brown con la benedizione del premier conservatore David Cameron, in quella che viene però descritta dagli indipendentisti come una «reazione dettata dal panico».

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi