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Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2014 alle ore 06:38.

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Scatta il countdown per la nuova segreteria Pd "rivista e corretta" da Matteo Renzi il quale intende operare degli innesti vitali per lo stesso organismo ma anche, e forse soprattutto, per il suo Governo troppo esposto alle correnti di Ncd e Fi (avide di contropartite in cambio del soccorso). Ma non sarà facile viste le prime reazioni della minoranza.
L'appello lanciato domenica a Bologna dal premier-segretario alle minoranze affinché si convincano di entrare a far parte della segreteria («unitaria»), ha aperto nel Pd un ruvido dibattito. Dalle prime reazioni delle minoranze si comprende che quella di Renzi non sarà una partita facile. Basta sentire ciò che dice il battagliero Pippo Civati: «Se la linea rimane questa, non ho intenzione di entrare: sono un politico noioso, resto uno dei pochi che non cambia idea ogni cinque minuti», ha puntualizzato in una intervista alla Stampa. Ha poi ricordato a chi ha la memoria corta la sua avversione per «lo schema generale delle larghe intese» e la «contrarietà totale» su alcune scelte del governo: «su Costituzione, lavoro, legge elettorale, ho un sacco di perplessità». Parlano lingue diverse Renzi e la minoranza Pd. E all'altolà di Renzi sui veti, Civati ribatte: «Ma quali sono i veti? Esistono semplicemente opinioni su alcuni punti non coincidenti. A volte i gufi sono immaginari, nella sua testa».
Non fa sconti neanche Stefano Fassina che da giorni martella Renzi sul versante economico accusandolo di essersi fotocopiato l'"agenda Monti". «Non è affatto scontato che la minoranza entri nella segreteria» ha messo le mani avanti Fassina che chiede di risolvere prima «le differenze di fondo»: «Per quanto mi riguarda non sono d'accordo a fare 20 miliardi di tagli, a cancellare l'articolo 18 o a lasciare le liste bloccate nella legge elettorale. Se non risolviamo le differenze di fondo non credo sia possibile parlare di segreteria unitaria». Tante resistenze con cui Renzi in queste ore sta facendo i conti in vista della direzione Pd di giovedì. Poche le certezze: nella segreteria entreranno il dalemiano Enzo Amendola e la bersaniana Micaela Campana.
Il leader però parla con tutti ma il dialogo sembra avviato - e bene - soprattutto con Roberto Speranza e "area riformista" e con i "giovani turchi" di Matteo Orfini e Francesco Verducci. Da qui potrebbe arrivare la mediazione per la nuova segreteria.
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