Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2014 alle ore 12:45.

My24

Non è un esordio esaltante quello del nuovo governo iracheno di Haider al-Abadi che dovrebbe combattere i jihadisti del Califfato: mancano ancora i nomi del ministero della Difesa e degli Interni, dettaglio non insignificante per un Paese che ha visto liquefarsi le sue forze armate di fronte all'avanzata dell'Isil, abbandonando il campo e voltando le terga ai miliziani islamici quando hanno preso d'assalto città di cinque milioni di abitanti come Mosul.

È stata questa disfatta militare che ha consentito al Califfato di impadronirsi di mezzi e armi pesanti fornite a Baghdad dagli americani e poi abbandonate dall'esercito iracheno in fuga. Anche la controffensiva, appoggiata dai raid americani, estesi in queste ore anche nelle aeree sunnite, è stata condotta dai peshmerga curdi, dalle tribù sunnite anti-Califfato e dai battaglioni sciiti organizzati dai Pasdaran iraniani: le forze armate irachene vere e proprie, abbattutte nel morale, sono ancora da ricostruire.

C'è poi un aspetto politico rilevante. Il governo rimane dominato dalla maggioranza sciita, che dopo la caduta del regime di Saddam Hussein ha sistematicamente emarginato i sunniti dalle stanze del potere: la cooptazione dei sunniti è fondamentale per togliere appoggi e consensi di cui ha goduto fino a questo momento il Califfato, che ha una strategia di ampio raggio nella saldatura tra il malcontento della minoranza irachena e quella della popolazione sunnita della Siria anti-Assad. Senza contare che l'ex primo ministro Nuri al Maliki, forse il maggiore responsabile del fallimento politico di Baghdad, ha assunto la carica di vicepresidente: si poteva trovare un nome migliore e non questo compromesso teso a evitare spaccature anche all'interno degli sciiti.

Agli americani sembra andare bene così visto che il segretario di Stato americano John Kerry - che in Medio Oriente non ne indovina una - ha salutato come una «pietra miliare» il varo del nuovo governo mentre Barack Obama ha avuto una calorosa telefonata di congratulazioni con Haider al-Abadi.

Ma il nuovo governo sarà efficace soltanto se i sunniti si convinceranno che lavora anche per gli interessi della loro comunità. Hanno legittime aspirazioni che devono essere soddisfatte, altrimenti l'instabilità irachena cominciata con la guerra del 2003 non avrà mai fine. Gli Stati Uniti di Obama si sono ritirati dall'Iraq nel 2011 senza correggere nulla degli errori commessi in passato: anche per questo il Califfato ha avuto sucesso. Obama domani rivelerà al mondo la sua strategia per combattere i jihadisti - la cui espansione minaccia la stessa sicurezza europea - ma già sappiamo cosa ci dirà: ci vorranno almeno tre anni per averne ragione e quindi la palla passa alla prossima amministrazione. La guerra infinita al terrorismo continua, altro che proclami di vittoria come troppe volte abbiamo sentito anche nel recente passato.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi