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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2014 alle ore 06:38.

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Chi vede il bicchiere mezzo pieno, in prima linea gli Stati i Uniti, saluta il nuovo Esecutivo del premier Haider al-Abadi come un significativo passo in avanti per cercare di sconfiggere gli estremisti dello Stato Islamico (Is o Isis). Chi, invece, preferisce guardare il bicchiere mezzo vuoto - e le ragioni per farlo non mancano - si concentra soprattutto sulle questioni più problematiche. Come quelle poltrone ancora vacanti, eppure strategiche: i ministeri della Difesa, della Sicurezza n iazionale e degli Interni. E quelle "importanti", affidate ancora una volta a noti politici sciiti.
Entrambi, probabilmente hanno ragione. Il nuovo Governo iracheno, votato idal Parlamento di Baghdad lunedì sera, è sì un risultato positivo, ma se non si trasformerà presto in un reale Governo di unità, in cui il potere sia i spartito tra le diverse comunità (sciiti, curdi e sunniti) - come ha auspicato il presidente americano Barack Obama - non sarà sufficiente a soddisfare le richieste e le aspirazioni della minoranza sunnita, il cui apporto è fondamentale per battere lo Stato Islamico. L'impressione è che non si tratti di un avvio esaltante.
Al-Abadi si trova davanti a una sfida complessa: sanare le profonde divisioni - interconfessionali ed etniche - che si sono esasperate sotto i governi del controverso premier Nouri al-Maliki, accusato dai sunniti di averli estromessi dal potere a vantaggio degli sciiti. Il segretario di Stato americano John Kerry ha ostentato un ottimismo forse eccessivo: il nuovo Governo - ha detto - è «una pietra miliare» per il futuro Iraq e ha «le potenzialità per unire tutte le diverse comunità irachene». Ma la priorità resta la sicurezza. E i tre ministeri vacanti, su cui i disaccordi sono profondi, sono fondamentali per portare avanti con successo l'offensiva contro l'Isis. Per farlo occorre ricostruire un esercito che si è sgretolato davanti all'aggressività degli jihadisti. Chi oggi combatte l'Isis sono soprattutto i peshmerga curdi e le milizie sciite.
È motivo di inquietudine anche la nomina del controverso al-Maliki a vicepresidente. Resta il fatto che finora due dei tre ministeri più importanti, come gli Esteri e il Petrolio (le finanze sono andate al curdo Roz Shawes), sono state affidate a due personalità sciite - rispettivamente l'ex premier Ibrahim Jaafari e Adel Abdul Mahdi, sciita, ex vicepremier. E sarà proprio Abduk Mahdi, personaggio apprezzato dalla comunità internazionale, a trovarsi davanti a uno dei compiti più complessi. Convincere le major internazionali a icontinuare a investire nell'industria petrolifera dell'Iraq meridionale, da cui si estrae quasi il 90% della produzione nazionale. E soprattutto risolvere il contenzioso sulle vendite di greggio con il governo della regione semi autonoma del Kurdistan iracheno (Krg). In maggio il Krg h a i iniziato a esportare greggio estratto nel suo i territorio attraverso un nuovo oleodotto che termina in Turchia e ora, forti dei successi militari, è idecis o i ad accrescere il commercio. Petrolio che Baghdad ha sempre considerato risorsa nazionale, la cui gestione deve passare dal governo centrale.
iL'indipendenza a cui punta il Kurdistan iracheno resta un'altra questione delicatissima. Alla quale si aggiunge lo status di Kirkuk, la città contesa, ricca di giacimenti petroliferi, che i curdi hanno occupato per impedire che fosse presa dall'Isis.
In questa settimana Kerry viaggerà in Giordania e Arabia Saudita nel tentativo di costruire una coalizione internazionale per combattere l'Isis. Stasera, invece sarà iObama a illustrare i l a i strategia americana. La Francia ospiterà lunedì un vertice sull'Iraq, mentre l ia Gran Bretagna ha annunciato nuove spedizioni di armi ai curdi . iIl ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha detto che l'Italia intensificherà lo sforzo per l ' iassistenza militare dell'Iraq contro l'Isis «sia attraverso forniture dirette sia assistendo altri paesi a trasportare quanto hanno da offrire». Ma sarà decisivo l'atteggiamento dei sunniti iracheni verso i il nuovo Governo. L'ultima parola, nella guerra contro l'Isis, spetta a loro.
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