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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2014 alle ore 15:15.
L'ultima modifica è del 11 settembre 2014 alle ore 10:33.

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(Epa)(Epa)

La tregua è stata firmata venerdì 5 settembre dopo cinque mesi di battaglia, e per ora sembra tenere. Il presidente ucraino, Petro Poroshenko, eletto a fine maggio, ci sta provando: promette una maggiore autonomia alle regioni separatiste nell'est del Paese, anche se esclude che uno "statuto speciale" per le zone controllate dai filorussi sia un passo verso una struttura federale del Paese o la perdita parziale di sovranità sulle regione di Donetsk e Lugansk. Intanto sono cominciati i lavori per fortificare la frontiera con la Russia, nel punto da cui, secondo Kiev, sono penetrati uomini e mezzi del Cremlino a sostegno dei ribelli dell'Est. Lo riferisce l'ufficio stampa dell'operazione antiterrorismo nel Donbass, che parla di due linee di fortificazioni lungo una distanza di 1500 km, con circa 8mila trincee.

Il 3 settembre scorso il premier Andrei Iatseniuk aveva annunciato l'avvio di un non meglio precisato "Progetto Muro" per «costruire una vera frontiera con la Russia». In precedenza l'oligarca ucraino Igor Kolomoiski, governatore di Dnipropetrovsk, aveva proposto al governo la costruzione di un muro: una recinzione metallica con filo spinato lunga 1920 km e alta 2 metri, con un costo stimato di 100 milioni di euro.

Il documento base della tregua
«Il protocollo di Minsk non contempla la struttura federale o l'alienazione (di territori). Prevede il ristabilirsi e la conservazione della sovranità dell'Ucraina in tutto il territorio del Donbass» il cuore industriale del Paese che comprende Donetsk e Lugansk. Il documento in 12 punti varato venerdì dal Gruppo di Contatto per la crisi (Ucraina, Russia, Osce e separatisti filorussi) a Minsk, capitale bielorussa, impegna Kiev a d approvare una legge «sul regime temporaneo di autogoverno in determinate zone» delle regioni orientali, la legge di statuto speciale.

Poroshenko ha anticipato che il progetto sarà inviato alla Rada Suprema, il Parlamento ucraino, la prossima settimana e ha chiesto ai deputati di appoggiare l'iniziativa. «Da questa legge dipende il destino della pace: il progetto garantirà un ritorno pacifico di queste zone sotto la sovranità ucraina» ha insistito il leader ucraino nel corso di una riunione del governo.

Separatisti: siamo uno Stato sovrano
Ma i leader separatisti danno una interpretazione diversa dell'accordo di Minsk e insistono nel reclamare la loro indipendenza dal resto dell'Ucraina. «Non teniamo in considerazione l'ipotesi di rimanere parte dell'Ucraina» dice il capo della delegazione dei separatisti al Gruppo di Contatto, Andrei Purgin. E ha anche insinuato che i ribelli non riconosceranno affatto la legge di statuto speciale nei termini anticipati da Poroshenko: «L'adozione di qualsivoglia legge per l'Ucraina è una questione interna dell'Ucraina e non ci riguarda in nessuna maniera. Siamo uno Stato sovrano e speriamo di avere relazioni di buon vicinato con l'Ucraina».

Sulle sanzioni non c'è accordo a Bruxelles
Intanto, non è stata trovata l'intesa tra i Paesi dell'Unione europea sull'attuazione delle nuove sanzioni decise la scorsa settimana contro la Russia. Una nuova riunione degli ambasciatori dei 28 Paesi è stata convocata a Bruxelles per giovedì. È quanto riferiscono fonti europee. «Gli ambasciatori si riuniranno di nuovo domani per continuare le discussioni sulle sanzioni. Questo consentirà una nuova valutazione su quanto avviene in Ucraina e consultazioni supplementari», ha spiegato una fonte.

E mentre Poroshenko annuncia che Mosca ha ritirato dall'Ucraina orientale il grosso delle sue forze, il cancelliere tedesco, Angela Merkel, esorta i Ventotto ad andare avanti e condiziona l'eventuale sospensione al fatto che si rispetti «totalmente» il cessate il fuoco e il piano di pace concordato tra Kiev e Mosca.

La denuncia: crimini di guerra da entrambi i fronti
Intanto Amnesty International ha pubblicato un rapporto che documenta, tramite immagini satellitari e testimonianze, le prove di crimini di guerra compiuti da entrambi i fronti nei cinque mesi di conflitto.

Putin: crisi usata per rianimare la Nato
La crisi in Ucraina «viene usata per rianimare la Nato» dice il presidente russo Vladimir Putin durante una riunione convocata per discutere del bilancio federale, occasione per tornare sul braccio di ferro in corso con l'Occidente sul conflitto ucraino. «La Russia «sta adottando solo misure di risposta in termini di sicurezza, non serve farsi prendere dall'isteria a questo proposito» ha aggiunto il capo del Cremlino, secondo cui Mosca «non sarà coinvolta in una corsa al riarmo».

«È necessario calcolare con precisione le potenziali minacce alla sicurezza militare della Russia e preparare una risposta adeguata», ha detto infine il presidente russo Vladimir Putin, riferendosi ai recenti piani di rafforzamento della Nato a est e chiedendo un adeguamento della dottrina militare entro la fine di dicembre.

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