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Questo articolo è stato pubblicato il 11 settembre 2014 alle ore 18:26.
L'ultima modifica è del 11 settembre 2014 alle ore 18:43.

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Nelle strade di Barcellona si grida «Scozia, Scozia» per chiedere l'indipendenza della Catalogna dalla Spagna. Nel giorno della Diada, la festa che ricorda il lontano passato di autonomia della regione più ricca del Paese, più di un milione di catalani hanno manifestato guardando al voto con il quale gli scozzesi tra una settimana decideranno il loro destino. Mai come quest'anno lo scontro tra Madrid e Barcellona è stato così aperto e duro. La Catalogna del governatore Artur Mas fa il tifo per l'indipendenza della Scozia e non smette di reclamare il diritto di autodeterminazione con un referendum che dovrebbe svolgersi il prossimo 9 novembre. E che ha aperto una profonda, forse insanabile, spaccatura con il governo del conservatore Mariano Rajoy.

Il fronte indipendentista non sembra aver perso forza a Barcellona nonostante gli scandali che hanno travolto Jordi Pujol, leader storico dell'indipendentismo catalano a lungo presidente della Generalitat e padre politico di Mas. E che hanno creato non pochi atriti tra la stessa Convergencia i Unio e la sinistra indipendentista di Esquerra Republicana di Catalunya. «Una vittoria dei sì al referendum scozzese» spianerebbe la strada all'indipendenza della Catalogna e al suo riconoscimento internazionale», ha detto Mas nei giorni scorsi. «Il primo fattore sarebbe la reazione positiva dei leader europei», ha spiegato il presidente della regione autonoma. «Poi comincerebbero rapidamente i negoziati fra Edimburgo, Londra e Bruxelles, per mantenere la Scozia nella Ue»: un precedente che secondo il leader di CiU «sarebbe molto importante per la Catalogna».

«È una manifestazione di massa senza precedenti in Catalogna. mai vista tanta gente per le strade», dicono i promotori. Il colpo d'occhio è impressionante con la Gran Via e la Diagonal, i due assi principali della città, invasi da cittadini vestiti di rosso e giallo, i colori della Seynera, la bandiera catalana. «È la Diada definitiva», afferma Carme Forcadell, presidente dell'organizzazione indipendentista, Assemblea Nacional Catalana, nel giorno in cui la Catalogna commemora il terzo centenario della caduta di Barcellona nelle mani dell'esercito borbonico, l'11 settembre del 1714.
Una mobilitazione ancora più vasta di quella dell'anno scorso che Mas cavalcò per annunciare il referendum di autodeterminazione, sostenuto secondo i sondaggi dall'80% dei catalani. Una consultazione non vincolante, che il governo centrale ha tuttavia sempre osteggiato senza mezzi termini. «Il referendum è illegale - ha ribadito il premier Rajoy a Mas nell'incontro che i due hanno avuto a fine luglio - non si può celebrare e non sarà celebrato. È anticostituzionale. Saranno usati tutti i mezzi previsti dalla Costituzione per impedirlo».

Ma Mas, sostenuto dalla piazza, non intende,e forse non può più fermarsi. «È praticamente impossibile impedire ai catalani di votare sull'indipendenza dalla Spagna», ha ribadito alla vigilia della Diada. «Se la popolazione catalana vuole votare sul suo futuro, credo sia assurdo impedirlo e credo che il governo spagnolo dovrà rendersene conto», ha aggiunto il governatore catalano.
«Il governo di Madrid è ancora in tempo per ascoltare il clamore pacifico e democratico di questo popolo», ha detto Mas confermando tuttavia «l'impegno a convocare la consultazione, una volta che il Parlamento di Catalogna avrà approvato la via legale per renderlo possibile». Sperando che tra un a settimana i sì prevalgano nel referendum scozzese.

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