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Questo articolo è stato pubblicato il 11 settembre 2014 alle ore 08:11.

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I consumi mondiali di beni e di servizi di lusso valgono 1.200 miliardi di euro all'anno. Una torta dalle dimensioni iperboliche che fa gola ai marchi grandi, medi e piccoli. E non soltanto a quelli che per primi balzano alla mente, cioè i brand della moda.

Il lusso è, infatti, un concetto decisamente più allargato: secondo stime di Boston Consulting Group, abbigliamento, pelletteria e scarpe, orologi e gioielli, cosmetici - raggruppati nel segmento del lusso personale - registrano consumi di 240 miliardi all'anno a livello globale, battuti dalle supercar che, da sole, valgono 280 miliardi. Mentre la categoria a maggior tasso di crescita risulta il lusso cosiddetto esperienziale: 670 miliardi all'anno da suddividere fra viaggi, hotel e barche (340 miliardi), prodotti hi-tech (125), arte (75), food e vini/alcolici (70), arredo-design (60). Tutti (o quasi) segmenti in cui il made in Italy la fa da padrone.

Il nuovo atteggiamento
«Il settore lusso - spiega Antonio Achille, partner e managing director di Bcg - continua a macinare tassi di crescita consistenti, ma è interessato da un cambio di atteggiamento da parte del consumatore. Si passa infatti dall'attenzione verso il lusso ostentato all'interesse per un lusso condiviso, basato più sull'esperienza che sul possesso fisico. Questo livello di sofisticazione è sicuramente presente nei Paesi più maturi, ma con il passaggio generazionale si sta affermando anche in quelli emergenti».

Secondo Bcg, il lusso esperienziale cresce più di quello personale ed è verificabile in segmenti diversi di consumatori: da un lato i cosiddetti youngolders over 45, che presentano livelli di elevata penetrazione del lusso personale e ora puntano all'esperienziale; dall'altro i Millennials, nati dagli anni '80, che si stanno affacciando sul mercato del consumo cercando un piacere istantaneo più che il possesso di un bene.

Operare strategicamente sulla diversificazione, dunque, può essere un'opzione interessante, forse più per i superbrand che non per tutti i protagonisti dell'industria del lusso. Ma certo resta da risolvere quel che gli analisti individuano come il paradosso del lusso. «Aumentare le vendite mantenendo la percezione di esclusività - dice Luca Solca di Exane Bnp Paribas - è in antitesi: più un marchio è grande, più capillare è la distribuzione dei suoi prodotti, più diventa discutibile l'affermazione della sua esclusività».
Da qui la scelta di molte aziende di segmentare l'offerta di prodotti per consentire a una platea più vasta di consumatori di accedere allo shopping: dal top di gamma (pochi pezzi, magari anche lista d'attesa, prezzi molto alti) all'entry price (cosmetici e occhiali). Ma con una forte attenzione a non diluire troppo il valore del brand, per non scontentare chi pretende proprio l'esclusività, più per filosofia personale che non come status symbol da esibire per "colpire" amici, colleghi e parenti.

I mercati per il made in Italy
Le aziende italiane del settore lusso coprono con successo tutti i segmenti di cui si compone il mercato (solo gli orologi, ovviamente, sono principalmente Swiss made). I brand italiani brillano sulle insegne delle più prestigiose strade del lusso in tutto il mondo: turisti e business people comprano anche nel nostro Paese dove trovano prezzi più bassi rispetto a quelli di alcune nazioni di provenienza, zavorrati da dazi e tasse sul lusso.

Ma qual è il mercato più importante per il lusso "tradizionale" (cioè esclusa l'estensione a tutte le categorie indicate in precedenza)? «La Cina - dice Mario Ortelli di Bernstein Research - sarà il singolo mercato che registrerà la crescita più significativa, anche se il tasso medio annuo ponderato è aumentato del 21% tra il 2008 e il 2013 e scenderà al +9,3% nelle stime 2014-18, arrivando nel 2018 a un valore di 23,9 miliardi di euro.
Anche gli Stati Uniti continueranno a mettere a segno un forte incremento, particolarmente significativo date le dimensioni del mercato: dopo la crescita media annua ponderata del 5,2% tra il 2008 e il 2013, si salirà addirittura al +5,7% nelle stime 2014-18, arrivando alla ragguardevole cifra di 82,4 miliardi di euro».

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