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Questo articolo è stato pubblicato il 11 settembre 2014 alle ore 08:45.
L'ultima modifica è del 11 settembre 2014 alle ore 18:00.

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La sede della Corte Costituzionale (Agf)La sede della Corte Costituzionale (Agf)

Ancora una fumata nera, l'ennesima, per la scelta dei due giudici della consulta di nomina parlamentare. Anche oggi, al nono scrutinio, nè Luciano Violante, candidato Pd, nè Antonio Catricalà, sponsorizzato da Fi, hanno raggiunto il quorum necessario per essere eletti giudici della Corte costituzionale dal Parlamento in seduta comune . In attesa di una conferma ufficiale e del completamento dello spoglio delle schede, i voti raccolti da Violante sarebbero 468, 368 quelli andati a Catricalà; 120 quelli per Donato Bruno. Ufficiale invece l'elezione di Antonio Leone, proposto dall'Ncd, a componente del Csm, dopo il via libera di ieri a Giovanni Legnini e Giuseppe Fanfani: per lui 527 voti rispetto ai 490 previsti dal quorum. Per i rimanenti 5 "laici" ancora da nominare sarà necessario tornare al voto.

Tempi ancora lunghi, si complica la corsa Violante-Catricalà
Più complicata del previsto dunque la corsa di Violante e Catricalà che fin dalla vigilia potevano contare su un accordo di convergenza Fi-Pd considerato blindato. In particolare il nome di Catricalà, vicino all'ex sottosegretario a Palazzo Chigi di Berlusconi, Gianni Letta, che negli ultimi due scrutini ha registrato diverse resistenze nel centrodestra, che lo hanno tenuto ampiamente sotto la soglia dei 3/5 dei voti necessaria all'elezione, mettendolo in concorrenza con l'azzurro di lungo corso Donato Bruno. A Catricalà non è servita neanche l'esplicita indicazione di voto del capogruppo Brunetta, che questa mattina aveva "blindato" nuovamente il ticket con Violante. La notte scorsa, a vuoto anche lo scrutinio n. 8, mentre è andata meglio l'elezione degli 8 membri del Csm scelti dal Parlamento: nel quinto scrutinio sono passati Giovanni Legnini e Giuseppe Fanfani, entrambi Pd: ancora da eleggere quindi sei consiglieri.

Grillo all'attacco: vogliono sporcare la Consulta con Violante
Dura presa di posizione del M5S contro il candidato Luciano Violante e in generale contro l'«ennesima spartizione di potere» fra Forza Italia e Partito democratico. In un post pubblicato sul suo blog il leader del Movimento Beppe Grillo ha attaccato duramente l'accordo Pd-Fi su Consulta e Csm: «Vogliono sporcare la Consulta con il nome di Luciano Violante, l'ex dalemiano che ha dato avvio alle larghe intese e che nel 2003 parlando alla Camera ha certificato l'impunità per Berlusconi sin dal 1994».

Voto ad oltranza dopo il pressing del Quirinale
Sempre più probabile uno slittamento del prossimo scrutinio a lunedì, dopo che la Conferenza dei capigruppo ha sollecitato un rinvio su cui dovranno decidere i presidenti delle Camere Pietro Grasso e Laura Boldrini. In alternativa, le votazioni potrebbero procedere già nel pomeriggio. Ad oltranza, come stabilito di comune accordo dai presidenti dei due rami ai primi di settembre, dopo il forte pressing del Capo dello Stato (che presiede anche l'organo di autogoverno della magistratura) per il ritardo dei parlamentari: i giudici della Consulta sono cessati dall'incarico il 28 giugno scorso, il Consiglio superiore della magistratura ha concluso il suo mandato il 31 luglio.

Incerto il sostegno a Catricalà del Centrodestra
Quella di oggi è solo l'ultima passaggio della lunga partita delle nomine per la Consulta. All'esito dello scrutinio di ieri sera Luciano Violante, sostenuto dal centrosinistra, aveva incassato 429 voti: 141 in meno del minimo di 570 previsto. Ampiamente sotto la quota necessaria Antonio Catricalà, vicino all'ex sottosegretario a Palazzo Chigi di Berlusconi, Gianni Letta, cui non sono arrivati i voti di Forza Italia (che ha votato scheda bianca) fermandosi a 64, sorpassato da Donato Bruno che ha ricevuto 68 voti, ma anche dal costituzionalista Franco Modugno, che ha preso 119 voti, e da Felice Besostri, sostenuto da M5S con 165 voti.

Csm, ieri il via libera a Legnini e Fanfani
Sul fronte Csm, ieri sono passati invece senza problemi il sottosegretario all'Economia Giovanni Legnini (524 voti, in corsa per la vicepresidenza dell'organo di autogoverno dei giudici) e Giuseppe Fanfani (499), mentre sono restati al palo tutti gli altri candidati in corsa, prevalentemente di centrodestra: nessuno di loro ha superato infatti il quorum di 489 voti. I nomi dei non eletti del quinto scrutinio sono Teresa Bene (485); Antonio Leone (471); Renato Balduzzi (430); Elisabetta Alberta Casellati (441) e Nicola Colaianni (427). Oggi i candidati in corsa non dovrebbero cambiare: Casellati e Vitale per Fi, Balduzzi per Sc, Leone per Ncd. Da verificare la linea del M5S che oggi potrebbe puntare su Alessio Zaccaria in alternativa a Colaianni.

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