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Questo articolo è stato pubblicato il 11 settembre 2014 alle ore 06:37.
L'ultima modifica è del 11 settembre 2014 alle ore 08:30.

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Peter Praet (Epa)Peter Praet (Epa)

La Banca centrale europea punta le sue carte sul rilancio del credito per far ripartire la stagnante economia dell'eurozona e far risalire l'inflazione, allo 0,3% lontanissima dal suo obiettivo di stare sotto, ma vicino al 2%. Ma difficilmente otterrà dai Governi europei, soprattutto da quello tedesco, alle riunioni che iniziano domani a Milano, quello che il presidente Mario Draghi aveva sollecitato nel suo discorso di Jackson Hole e nella conferenza stampa della settimana scorsa, cioè una maggiore azione della politica di bilancio e garanzie pubbliche per il nuovo programma di acquisti di titoli cartolarizzati.

«La paralisi del credito, soprattutto alle piccole e medie imprese, è il problema dominante», afferma Peter Praet, membro del comitato esecutivo della Bce e capo economista, in un colloquio con Il Sole 24 Ore a Milano. Alla riunione di settembre, il consiglio ha risposto, dice Praet, integrando le Tltro (le operazioni di liquidità per le banche condizionate alle concessione di prestiti all'economia reale), il cui successo dipende dall'adesione delle banche, con gli acquisti diretti di Abs, i titoli cartolarizzati. «In questo modo - sostiene l'economista - espandiamo il nostro attivo nel momento in cui c'è bisogno di una iniezione di liquidità». Draghi ha detto di voler riportare il bilancio della Bce, che si è contratto per effetto dei rimborsi dei precedenti finanziamenti acccordati alle banche, ai livelli del 2012. Considerato che oggi questo è attorno ai 2mila miliardi di euro, e allora aveva superato i 3mila miliardi, i mercati finanziari stimano che la Bce si prepari a iniettare nel sistema liquidità per mille miliardi di euro.

Praet ricorda che fin dall'aprile scorso Draghi aveva delineato tre eventualità, che avrebbero richiesto una risposta della Bce: «Una restrizione delle condizioni monetarie, cui abbiamo risosto tagliando di tassi d'interesse, il che ha avuto un effetto anche sul tasso di cambio (l'euro si è indebolito dell'8% circa dal picco vicino a 1,40 e ieri quotava sotto 1,29 sul dollaro, un elemento sul quale la Bce conta molto per far ripartire crescita e inflazione ndr), il blocco del credito, specialmente alle piccole e medie imprese, che contrastiamo con le prossime Tltro e gli acquisti diretti di Abs, e il deterioramento delle prospettive d'inflazione, che continuiamo a monitorare da vicino». Praet riconosce che c'è il rischio che il peggioramento delle aspettative d'inflazione nel breve termine influenzi quelle a lungo termine, che sono l'indicatore seguito dalla Bce, soprattutto se l'inflazione continua a risultare più bassa del previsto. «Non possiamo trascurare il pericolo che le aspettative d'inflazione si sgancino dall'àncora» del 2%. Un fenomeno che è brevemente accaduto in agosto e che Draghi ha sottolineato a Jackson Hole: il passo successivo può essere l'avvitamento nella deflazione.

Oltre alle aspettative, nell'estate, osserva Praet, la fiducia degli agenti economici è scesa in quello che è ancora uno stadio iniziale della ripresa, i dati non sono stati buoni, il reddito disponibile delle famiglie (per il primo trimestre, ultimo dato noto) è calato. Inoltre ci sono i rischi geopolitici. «Ecco perché - spiega - a settembre abbiamo risposto accelerando il programma di acquisti di Abs, che inizieranno a ottobre, lo abbiamo ampliato con l'inclusione dei titoli basati sui mutui (Rmbs) e abbiamo aggiunto l'acquisto di obbligazioni garantite delle banche (covered bond). Queste misure, insieme alle Tltro, avranno un impatto significativo».

La richiesta di molti economisti e operatori dei mercati finanziari perché la Bce faccia di più, di fatto giochi l'ultima carta a disposizione, quella dell'acquisto di titoli pubblici, adottando un quantitative easing (Qe) come quello realizzato da altre banche centrali, non ha però trovato risposta. Draghi ha ricordato che alcuni consiglieri volevano fare di più, altri di meno. La difficoltà del consiglio a trovare un'intesa su questo è stata ben illustrata ieri in un discorso a Francoforte di un altro membro del comitato esecutivo della Bce, Yves Mersch, il quale pure ha appoggiato alla riunione di settembre le misure proposte da Draghi. «L'acquisto di Abs - ha detto Mersch - non è il preludio all'acquisto di titoli pubblici. Il Qe pone notevoli problemi istituzionali, pratici e legali». Nè Draghi nelle ultime uscite, nè Mersch ieri, hanno escluso del tutto l'acquisto di titoli pubblici, ma perché la Bce lo faccia lo scenario dovrebbe peggiorare ulteriormente. Una maggioranza per fare Qe, al momento non c'è, e lo stesso Draghi avrebbe serie perplessità e non muore certo dalla voglia di imbarcarsi in uno scontro durissimo con una parte dei suoi consiglieri e con la Germania.

A Milano, la Bce si confronterà a sua volta con il rifiuto da parte dei Governi di rispondere ad alcune delle sue sollecitazioni. Sugli Abs, Draghi aveva ricordato che l'Eurotower era pronta ad acquistare oltre alla tranche meno rischiosa (senior) anche quella mezzanina in presenza di garanzie pubbliche. Il documento preparatorio franco-tedesco che il Sole 24 Ore ha pubblicato ieri chiarisce che i Governi dei due Paesi non intendono accedere alla richiesta. E anche al suggerimento di Draghi (l'altra novità del discorso di Jackson Hole) che alla politica monetaria possa accompagnarsi un'azione di stimolo della politica fiscale, soprattutto da parte dei Paesi che hanno nei propri conti pubblici i margini di manovra per farlo, come la Germania, è già arrivato il secco no immediato del ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble e ieri anche del cancelliere Angela Merkel.

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