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Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2014 alle ore 12:45.

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(Reuters)(Reuters)

TOKYO – È lo stesso premier giapponese Shinzo Abe a definirla la "Davos delle donne", con riferimento al World Economic Forum che si tiene ogni anno nella località turistica svizzera. Il primo "Waw! - World Assembly for Women in Tokyo" riunisce per tre giorni un centinaio di leader donne di tutto il mondo per fare il punto sulle politiche di promozione femminile nella società e in modo particolare nel mondo del lavoro.
Un vertice organizzato dal ministero degli esteri, dalla Keidanren (la Confindustria giapponese), dal quotidiano economico Nikkei e dal Japan Institute for Foreign Affairs, con il supporto del Japan Center for Economic Research.

Iniziativa propagandistica? Certo non mancano i critici della cosiddetta "svolta femminista" del conservatore Abe, ma è chiaro che ci sono precise motivazioni economiche (come il declino della forza-lavoro in un Paese con uno dei più bassi tassi di natalità al mondo) alla base di quello che appare un cambiamento di rotta condiviso tra governo e imprenditori giapponesi in direzione di un impegno a favorire un più spiccato ruolo sociale femminile. Alla vigilia del Waw!, Abe ha incassato il riconoscimento, da parte di Phumzile Mlambo-Ngkuca (responsabile dell'agenzia Onu per la promozione femminile ed ex vicepresidente del Sud Africa) , che "il governo giapponese sta dando l'esempio al mondo nell'alzare la rappresentanza femninile nel decision-making ", dopo che con il recente rimpasto dell'esecutivo sono entrate cinque donne-ministro su 18, come passo verso l'obiettivo proposto da Abe di promuovere entro il 2020 un 30% di rappresentanza femminile in ruoli di leadership sociale, politica ed economica (target peraltro considerato troppo ambizioso, rispetto all'attuale 6,2% di donne-manager, da vari esponenti del mondo imprenditoriale, come Carlos Ghosn, ceo di Nissan-Renault). Un suggerimento dall'alto che è stato apparentemente raccolto dalla Keidanren, come ha detto il nuovo presidente della potente associazione degli imprenditori, Sadayuki Sakakibara, illustrando il documento programmatico approvato nel luglio scorso ("Action Plan on Women's Active Participation in the Workforce") che richiede tra l'altro a 1.300 imprese di formulare specifici "piani di azione" (su base volontaria) da pubblicare sul sito Web dell'organizzazione.

Nel suo discorso introduttivo, Abe ha promesso: "Lavoreremo per creare entro il 2020 una società in cui tutte le donne possano cercare di realizzare i loro sogni in ogni fase della loro vita", aggiungendo "desidero diffondere questa trasformazione nel mondo intero". Il mese prossimo, ha più realisticamente aggiunto, sarà compilato sotto la guida della nuova ministro Arimura un "Pacchetto di supporto a tutte le donne che vogliano avanzare".

Christine Lagarde, numero uno del Fondo monetario internazionale, ha gettato acqua sul fuoco di certi accenti un po' troppo ottimisti: la strada è quella giusta e Abe ha fissato obiettivi ambiziosi ma realizzabili, ha detto: tuttavia il Giappone deve fare di più e meglio in favore delle donne, anche sul fronte delle riforme strutturali. Ha richiamato le statistiche che vedono il Sol levante ancora indietro rispetto alla media Ocse: il 60% delle donne lascia l'occupazione con la prima maternità e la percentuale di partecipazione al mondo del lavoro resta del 20% inferiore a quella maschile e resta sbilanciata verso lavori precari e meno pagati. Deve cambiare la cultura aziendale giapponese, ha aggiunto lagarde, citando persino se stessa: quando era alla guida dello studio legale Baker & McKenzie, verso sera a volte faceva un giro tra i dipendenti, chiedendo per quale motivo fossero ancora al loro posto e perché non avessero potuto già concludere il lavoro della giornata. "Le aziende giapponesi richiedono un lungo orario di lavoro e legano i compensi all'anzianità più che al merito. E esistono molti networks esclusivi di soli uomini". Se applicate in modo aggressivo, ha continuato Lagarde, le politiche pro-genere femminile dell'Abenomics potranno accrescere dello 0,25% il Pil nazionale, così come sul piano globale un più efficiente utilizzo delle risorse femminili è necessario per spronare una ripresa dell'economia mondiale che "è ancora troppo tiepida e troppo turbolenta".

Il momento più intenso dell'intervento al summit della Lagarde e' arrivato quando le è stato chiesto cosa pensi della fissazione di"quote come "affermative action" per le donne: quando ero una giovane studente ambiziosa, ha detto, ero contraria, ma adesso – anche per via dell'esperienza in Baker & McKenzie - mi sono convertita e sono favorevole a "quote-target" per sfondare il "glass ceiling" che troppo spesso penalizza il genere femminile. Un altro momento intenso è stato l'intervento videoregistrato di Hillary Clinton, introdotto dalla prima ambasciatrice statunitense in Giappone, Caroline Kennedy. "I diritti umani sono diritti delle donne e i diritti delle donne sono diritti umani", ha detto l'ex titolare della segreteria di Stato e possibile candidata presidenziale. "La prosperita' umana significa prosperità delle donne e opportunità per le donne significa opportunità per l'umanita'".

Avvincente quasi come un buon talk show è stata la "Special Talk Session" con la moglie del premier, Akie Abe, e Cherie Blair, fondatrice della Cherie Blair Foundation for Women e moglie dell'ex premier britannico. Davanti al marito, Akie Abe ha chiarito cosa debba intendersi per quello che la stampa giapponese definisce spesso come "l'opposizione in casa" - lei stessa - come l'unica vera opposizione che il premier incontra (visto che in Parlamento ha una larga maggioranza e oppositori quasi insignificanti). E' in effetti spesso in disaccordo con il marito (ad esempio, è contro il ritorno al nucleare). Il suo ruolo, ha detto, la porta a contatto con tutta la società giapponese: non vuole modificare le decisioni del marito, ma si fa un dovere di portare alla sua riflessione le opinioni più diverse. Akie Abe - la prima First lady ad avere partecipato, tra l'altro, al Tokyo Rainbow Pride, a supporto dei diritti della comunità Lgbt - ha poi confermato che a volte il marito svolge compiti domestici, come lavare i piatti o portare fuori la spazzatura. Quando l'aveva rivelato alcuni giorni fa in una intervista, i maligni (uomini) avevano commentato: adesso capiamo perché Abe è diventato il premier giapponese che passa molto più tempo - rispetto a qualsiasi precedente capo dell'esecutivo - in numerosissimi viaggi all'estero, lontano da casa.

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