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Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2014 alle ore 06:37.

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ROMA
«I candidati li scelgono i cittadini, non i giudici». Matteo Renzi non è intervenuto finora nel caos Emilia Romagna, dopo che l'inchiesta della Procura sulle spese della Regione ha coinvolto i due candidati più forti alle primarie del Pd per la presidenza della Regione – Matteo Richetti, che si è ritirato, e Stefano Bonaccini, che ha deciso invece di restare in campo – con quella che molti democratici chiamano giustizia ad orologeria. «Nessuno crede alla giustizia ad orologeria – precisa il premier –. Chi sbaglia paga. Ma si aspetta la sentenza, altrimenti è la barbarie». È un atteggiamento garantista che il Pd ha tenuto in altre occasioni e mantiene anche stavolta, sottolinea. D'altra parte Renzi a caldo aveva commentato, riferendosi alla scelta di Richetti di ritirarsi, che lui al suo posto non lo avrebbe fatto. Dunque si va verso la conferma delle primarie, con una macchina che ufficialmente si è già messa in moto. Restano in campo Bonaccini, responsabile Enti locali della segreteria renziana e molto forte nella sua Emilia, e l'ex sindaco di Forlì Roberto Balzani, la cui posizione di candidato di rottura in questa situazione ne fa qualcosa di più di un semplice outsider.
Anche se sorprese sono sempre possibili, Renzi ha dunque rinunciato a calare l'asso dall'alto (il cosiddetto "briscolone" di cui si è parlato nei giorni scorsi in ambienti parlamentari) presentando una candidatura forte come quelle di Graziano Delrio, Giuliano Poletti o Dario Franceschini. Privarsi di Delrio a Palazzo Chigi o di ministri importanti come Poletti (Lavoro) o Franceschini (Cultura) proprio quando si avvicina la sostituzione della Lady Pesc Federica Mogherini alla Farnesina comporterebbe tra le altre cose la necessità di un rimpasto in grande stile di cui al momento Renzi non ha alcuna voglia.
Avanti con le primarie regionali, dunque, in accordo tra Roma e il partito emiliano come suggerisce l'ex leader del Pd (e anche ex governatore dell'Emilia) Pier Luigi Bersani. Nessun diktat nei confronti di un partito regionale che per numero di iscritti, peso elettorale ed economico è quello più importante d'Italia e nel quale non si sono udite voci che chiedono un annullamento delle primarie. La base sarà in ogni caso ascoltata, e già nei prossimi giorni sarà convocata la direzione regionale del partito a cui potrebbe presenziare il vicesegretario Lorenzo Guerini.
Verso le primarie, dunque, con uno schema classico: da una parte il candidato "ufficiale", ossia Bonaccini, segretario uscente sostenuto da un bel pezzo dei dirigenti del partito, renziano della seconda ora ma in ottimi rapporti anche con l'ala che all'ultimo congresso ha sostenuto Cuperlo; dall'altro il candidato di rottura Balzani, fortemente critico con l'amministrazione Errani e sostenuto dalle frange meno allineate. Sperando che tutto ciò basti a fermare la doppia slavina dell'inchiesta (Bonaccini si attende il proscioglimento in tempo per il voto del 23 novembre) e della campagna grillina contro un establishment ormai «marcio».
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