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Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2014 alle ore 13:16.
L'ultima modifica è del 13 settembre 2014 alle ore 13:23.

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Caracas (Corbis)Caracas (Corbis)

Il Padre Nostro recitato in versione chavista da Maria Estrella Uribe durante il congresso del Partito Socialista Unito del Venezuela (Psuv) ha spinto l'Arcivescovo di Caracas, Jorge Urosa, a definire l'iniziativa "peccato di idolatria" ma non ha ancora sortito gli effetti sperati: gli alimenti continuano a scarseggiare in tutto il Paese. Il presidente Nicolas Maduro invia messaggi dal contenuto rassicurante ma il pericolo di un default del Venezuela è sempre più concreto.

A metà ottobre scadono 6 miliardi di dollari di titoli di Stato e molti analisti temono che il Governo non li possa pagare. Sullo sfondo una guerra a bassa intensità tra il Governo postchavista di Maduro e l'opposizione.
Tra chi lancia l'allarme default vi è un ex ministro della Pianificazione, Ricardo Hausmann, attualmente docente all'Università di Harvard.

Potrebbe sembrare paradossale ma il Paese con le maggior riserve di greggio al mondo ed esportazioni petrolifere che superano i 100miliardi di dollari all'anno rischia grosso.

Gran parte dei 30milioni di venezuelani non se la passa bene: molti generi alimentari scarseggiano, le compagnie aeree internazionali annunciano una riduzione dei voli, (il governo ha un debito di 4miliardi di dollari con le compagnie) i prezzi dei biglietti sono schizzati verso l'alto e Caracas si conferma una delle città più pericolose al mondo.
Negli ultimi giorni si sono alternati segnali di palese difficoltà del Paese con annunci apparentemente rassicuranti. L'inflazione è pari al 63%, (agosto 2014 rispetto ad agosto 2013) in forte crescita rispetto al 43% di un anno fa, ma il fattore più inquietante è l'aumento dei prezzi alimentari, superiore al 90 per cento. Il Venezuela, va ricordato, ha un'industria alimentare molto carente ed è costretta a importare quasi tutti i beni di consumo.

Un altro segnale di allarme arriva dall'ipotesi di vendere Citgo, la filiale americana di Pdvsa, il colosso energetico del Venezuela; Citgo è uno dei gioielli di famiglia, costituito da tre raffinerie e 6mila stazioni di rifornimento.

Un segnale di parziale rassicurazione è arrivato ieri da Astaldi che ha comunicato di avere incassato quattro tranche di pagamenti a fronte dei crediti vantati nell'ambito dei progetti ferroviari in corso in Venezuela, per un importo complessivo di propria competenza equivalente a 43 milioni di dollari.

L'incasso - si legge in una nota del gruppo - conferma la ripresa del ciclo dei pagamenti nel Paese, condizione ritenuta necessaria per la normalizzazione del rapporto contrattuale con IFE (Istituto delle Ferrovie della Repubblica del Venezuela) e l'eventuale graduale riavvio delle attività produttive nel Paese.

Le prossime settimane saranno decisive per capire il reale pericolo di default che senza dubbio sarebbe più devastante di quello "tecnico" dell'Argentina. Due Paesi molto diversi, con una differente esposizione allo choc. L'Argentina possiede un'assoluta autosufficienza alimentare, produce cibo per 400milioni di persone con soli 40milioni di abitanti. Il Venezuela importa tutto.

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