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Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2014 alle ore 11:59.
L'ultima modifica è del 16 settembre 2014 alle ore 13:23.
Alla fine è sceso in campo. L'ex presidente brasiliano Lula ha difeso i progetti di esplorazione petrolifera, sostenendo così Dilma Rousseff, attuale presidente e candidata forte delle elezioni presidenziali in Brasile, in programma il prossimo 5 ottobre. Una mossa giocata dal Pt (Partito dei lavoratori) cui appartengono sia Lula, sia Rousseff che cerca di riaprire una partita che secondo i sondaggi pareva virare a vantaggio della candidata verde Marina Silva.
La sorpresa delle ultime settimane è stata proprio lei, Marina Silva, 56 anni, ex ministro dell'Ambiente, un'immagine di donna integerrima, paladina dei poveri ed erede politica di Chico Mendes. Un'inattesa galoppata che ha spiazzato l'entourage di Rousseff , il Pt e l'intero establishment brasiliano che considera inadeguata la pasionaria Silva alla guida di un gigante economico e finanziario.
Lula ha difeso il progetto di Petrobras, il colosso energetico brasiliano, di puntare sulle riserve petrolifere off-shore definite "pre-sal", scoperte di recente nelle acque del Paese. «Il petrolio è il futuro di questo Paese, chi si pronuncia contro non vuole che la ricchezza del Brasile si estenda ai più poveri». E poi un lungo intervento, di quasi un'ora, in un incontro pubblico di Rousseff; in altre parole un appoggio chiaro all'attuale presidente. Una strategia chiara quella di Rousseff, cercare appoggio dal popolarissimo ex presidente per risalire nei sondaggi dopo che la pasionaria Silva ha puntato sui dati di corruzione connaturati al sistema politico-economico del Brasile. Una scelta di tattica elettorale che finora le ha dato ragione.
Da qui le lacrime di Marina Silva, offesa dalla critiche di Lula. Che replica con la controllata irruenza di statista ma anche con una buona dose di pathos brasiliano: « Non ho mai parlato male di Marina e morirò senza parlare male di lei ».
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