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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2014 alle ore 06:38.

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Un passo verso l'Europa, uno verso i separatisti di Donetsk e Luhansk, uno verso Mosca: ieri Petro Poroshenko ha cercato di andare nelle tre direzioni in un colpo solo. Avrà bisogno di tutta la fortuna del mondo per farcela, convincendo a seguirlo un Paese ancora in guerra, e a fine ottobre alle urne.
«Nessuna nazione ha mai pagato un prezzo così alto per diventare europea», ha detto ieri il presidente ucraino alla seduta plenaria della Verkhovna Rada, il Parlamento di Kiev che ha ratificato all'unanimità l'Accordo di associazione e libero scambio con la Ue. Quel passo verso l'Europa che Viktor Yanukovich, il predecessore di Poroshenko, all'ultimo minuto aveva deciso di non compiere, l'anno scorso, scatenando la protesta del Maidan. A giugno Poroshenko firmò l'intesa con la stessa penna - disse - che avrebbe dovuto usare Yanukovich. Il viaggio dell'Ucraina si è concluso simbolicamente ieri, ma il prezzo cui si riferisce Poroshenko è la perdita della Crimea e la sanguinosa guerra che neppure dopo dieci giorni di tregua si riesce a fermare.
L'Accordo, che ha una parte politica e una commerciale, costruisce una graduale integrazione dell'Ucraina all'Unione Europea, approfondendo i legami economici e commerciali reciproci, rafforzando la cooperazione nella sfera del diritto, delle libertà fondamentali e della sicurezza. Ma prima di presentarlo ai deputati per la ratifica - in simultanea con l'Europarlamento di Strasburgo - Ucraina e Unione Europea avevano raggiunto venerdì scorso un compromesso con la Russia: sospendendo la parte commerciale (il DCFTA, Deep and Comprehensive Free Trade Agreement) fino al 1° gennaio 2016. Un rinvio, il passo di Poroshenko verso Mosca.
I nazionalisti ucraini lo hanno accolto come un tradimento: rinviando l'intesa, Kiev e Bruxelles riconoscono la legittimità delle preoccupazioni russe nel veder avvicinare un mercato cruciale come quello ucraino a quello europeo. È proprio questo il nodo all'origine della crisi, e ora ci sono 15 mesi di tempo per cercare di venire incontro ai timori di Mosca. La Russia si vede competere sul mercato ucraino con i migliori prodotti europei, e teme che questi dall'Ucraina dilaghino più facilmente sul mercato russo, ai danni della produzione nazionale. Che a sua volta, per essere competitiva in Ucraina, dovrà adeguarsi ai nuovi standard europei. Per questo Bruxelles ha accettato di aprire unilateralmente la Ue alle merci ucraine, riducendo le tariffe di ingresso, mentre in senso contrario le barriere resteranno per tutto il 2015. Per aiutare l'economia ucraina ad adattarsi, e avere tempo di negoziare con Mosca, che ha fatto rientrare la minaccia di bloccare i prodotti ucraini alla frontiera, dal 1° novembre, se l'Accordo fosse entrato in vigore. Del resto ieri la Russia - sempre più preoccupata dal destino del rublo che per le sanzioni paga la difficoltà di raccogliere finanziamenti in valuta, e ieri ha superato quota 50 sull'euro senza però ancora arrivare ai minimi - ha detto che sostenere le compagnie colpite dalle sanzioni è più importante del pensare ad altre misure di ritorsione, che vanno a colpire anche i produttori locali.
Appianare le tensioni sul fronte economico faciliterebbe la risoluzione della crisi anche sul fronte militare: ma qui tornare indietro, dopo cinque mesi di guerra, non è altrettanto semplice. La "legge sullo status speciale" delle regioni separatiste approvata ieri dalla Rada ucraina (a porte chiuse, non è dato sapere con quanti voti) è un passo importante verso i ribelli, e inizia a tradurre in pratica alcuni punti del piano di pace di Minsk. Concede autonomia alle regioni di Donetsk e Luhansk per tre anni, consentendo loro di «rafforzare e approfondire» le relazioni con la Russia. Consente ai separatisti di istituire le proprie forze di polizia, di condurre elezioni locali in dicembre. Una legge separata offre amnistia a tutti i combattenti, a eccezione dei responsabili dell'abbattimento del volo MH17, il 17 luglio scorso.
Lo "status speciale" potrebbe essere l'appiglio per avvicinare gradualmente una soluzione, ma nel frattempo scontenta i separatisti che puntano all'indipendenza e - all'altro estremo - i nazionalisti ucraini che la considerano una capitolazione. Sono gli scogli entro cui Poroshenko dovrà navigare.
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Un passo verso la Ue, uno verso i separatisti
«STATUS SPECIALE»
Autonomia ed elezioni
La legge sullo status speciale delle regioni separatiste di Donetsk e Luhansk - approvata ieri dal Parlamento ucraino, parte del piano di pace del presidente Petro Poroshenko - garantisce autogoverno per un periodo di tre anni e consente ai separatisti di «rafforzare e approfondire» le relazioni con le vicine regioni russe. Prevede elezioni locali in dicembre.
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ASSOCIAZIONE ALLA UE
Libero scambio rinviato
La Rada di Kiev ha ratificato ieri all'unanimità l'Accordo di associazione e libero scambio con la Ue rinviando però - una concessione a Mosca - la parte relativa al commercio. Fino al 2016 la Ue ha accettato di ridurre unilateralmente il 99,1% dei dazi in vigore sui prodotti ucraini, concedendo a Kiev di mantenere le barriere che proteggono i prodotti ucraini.
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