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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2014 alle ore 18:41.
L'ultima modifica è del 17 settembre 2014 alle ore 21:31.

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(Epa)(Epa)

Vertice in Florida tra Barack Obama e i suoi generali per preparare la nuova fase dell'offensiva contro l'Isis, quella che vedrà estendere i raid aerei anche in Siria. «Sono con noi oltre 40 Paesi», ha detto il presidente americano dopo aver fatto il punto della situazione con i vertici dello Us Center Command (Centcom), quello da cui dipendono tutte le operazioni militari in corso.

La Casa Bianca ha reso noto che il presidente deciderà «caso per caso» ogni singola richiesta di «inviare al fronte» soldati americani con le truppe irachene ma sempre come consiglieri e non truppe combattenti. Questi soldati «non saranno personalmente o direttamente coinvolti in combattimenti con il nemico», ha annunciato il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, spiegando il senso delle parole di Obama che nel pomeriggio aveva chiarito che «le truppe Usa in Iraq (ci saranno ma) non avranno un ruolo di combattimento ma solo di sostegno alle forze irachene».

E mentre il Commander in Chief nella base di MacDill, a Tampa, metteva a punto il suo piano, cresceva l'allarme terrorismo, con una nuova chiamata alle armi dei jihadisti in un nuovo minaccioso video. Che su un forum online incitano ad attaccare Times Square e altri obiettivi in tutta l'America.

«Al momento non c'è alcuna minaccia specifica», ha assicurato Obama, ribadendo però come senza una forte ed efficace azione di contrasto lo Stato islamico può davvero fare paura anche in casa, in Occidente. A suonare il campanello d'allarme è stato persino il solitamente prudente capo della polizia di New York, Bill Bratton: la città «è entrata in una nuova era» in cui sono possibili attacchi terroristici, anche da parte di cittadini americani reclutati dai jihadisti.

Quest'ultima possibilità «è davvero reale», e cresce notevolmente man mano che chi ha combattuto al fianco dell'Isis in Siria e in Iraq torna in America. Anche il ministro degli Interni, Jeh Johnson, ha sottolineato in Congresso la necessità di vigilare in questa delicata fase.

Molti i segnali preoccupanti nelle ultime ore. Anche l'arresto a Rochester, nello Stato di New York, di un sospetto reclutatore di militanti jihadisti - Mufid Elfgeeh, 30 anni, originario dello Yemen e proprietario di un negozio di alimentari - accusato di aver cercato di fornire sostegno materiale ai terroristi dell'Isis e di aver tentato di uccidere dei soldati americani.

Il sito Vocativ.com ha poi rivelato l'esistenza su un forum online dell'Isis di un post che contiene istruzioni per potenziali 'lupi solitari', istigati a preparare attentati a Times Square, a Las Vegas, in Texas e nelle stazioni della metro delle città americane. Attacchi da portare a termine fabbricando bombe artigianali. Ordigni fatti in casa con candele, candeggina, zucchero e fiammiferi.

«È la prima volta che l'Isis usa questo canale di comunicazione per ispirare attacchi» sullo stile dell'attentato alla maratona di Boston, ha ammesso ancora il capo della polizia newyorkese. Gli occhi sono ora puntati su ciò che accadrà nei prossimi giorni, con la Casa Bianca che potrebbe dare il via libera al bombardamento dei santuari dell'Isis in Siria. Ma niente truppe di terra, ha ribadito il presidente americano, frenando su quella che era sembrata un'apertura da parte del capo di Stato maggiore americano, Martin Dempsey. A escludere soldati Usa impegnati in missioni di combattimento in Iraq anche il neo premier iracheno, Haider al Abadi: «È fuori questione. Non è né necessario, né da noi richiesto».

Intanto la popolarità del presidente americano è scivolata a livelli simili a quelli del suo predecessore, George W. Bush, nel pieno della guerra dell'Iraq e alla vigilia delle elezioni di midterm del 2006, quando i democratici conquistarono entrambe le Camere del Congresso.

Un sondaggio New York Times/Cbs sottolinea come il rating assegnato dagli americani a Obama e Bush è molto peggiore di quello che nello stesso periodo di presidenza riguardò Bill Clinton nel 1998 e Ronald Reagan nel 1986. E a pesare è soprattutto il giudizio negativo sulla politica estera dell'attuale leader della Casa Bianca.


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