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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2014 alle ore 13:03.
L'ultima modifica è del 18 settembre 2014 alle ore 15:13.
Il governo finlandese rischia la crisi su un progetto di reattore nucleare in partnership con il colosso russo Rosatom, varato dall'esecutivo. I Verdi, partner della coalizione destra-sinistra guidata da Alex Stubb, hanno infatti annunciato l'uscita da un governo che sostiene il nucleare, per di più in un progetto che coinvolge i russi. Il piano sarà ora inviato al Parlamento, dove ha buone chance di essere approvato.
Il premier Stubb ha subito detto che intende restare in carica e che il 26 settembre prossimo presenterà una nuova lista di ministri, scelti tra i quattro partiti superstiti della maggioranza. A questo punto però la coalizione conserva una maggioranza risicatissima, 102 parlamentari su 200, con cui potrebbe dover affrontare la settimana prossima un voto di fiducia molto rischioso. Con l'opposizione di Centro ( in forte ascesa nei sondaggi) che - in caso di esito negativo - ha già chiesto di anticipare le elezioni altrimenti in programma ad aprile. Per il leader del Partito di centro, Juha Sipilae, sarebbe infatti inutile a quel punto «perdere tempo».
Il ministro dell'Ambiente Ville Ninistö, che è anche il leader dei Verdi, ha spiegato che costruire il nuovo reattore con Rosatom, la compagnia di Stato russa che possiede il 34% della società che ha in carico il progetto, accentuerebbe la dipendenza energetica della Finlandia dalla Russia; in un momento in cui, tra l'altro, la crisi ucraina porta l'Europa a scelte di tutt'altro segno. «C'è un senso di "finlandizzazione"», ha spiegato il ministro in un'intevista al Financial Times, rispolverando il termine con cui, negli Anni 70, si iniziò a definire l'influenza di un Paese potente su un vicino più piccolo, prendendo a esempio proprio Unione sovietica e Finlandia. «Stiamo dando ai russi proprio la leva che cercano nei confronti dell'Occidente e dell'Unione europea».
La posizione della Finlandia è particolarmente delicata: Helsinki, terzo maggiore mercato di sbocco dell'export finlandese, patisce più di altri le sanzioni incrociate Russia-Ue, in particolare i vincoli imposti da Mosca all'import di prodotti agricoli, materie prime e generi alimentari provenienti da Paesi Ue, visto che i finlandesi sono i principali fornitori di latte e latticini per i supermercati russi. A Ferragosto, nel pieno dell'escalation, il presidente Sauli Ninistö aveva incontrato Vladimir Putin a Sochi: ufficialmente il tema all'ordine del giorno era la crisi ucraina, ma molti avevano pensato allora a un tentativo di ricucire i rapporti bilaterali. Pochi giorni dopo, peraltro, da Mosca era arrivato un ammorbidimento delle contro-sanzioni particolarmente utile alla Finlandia.
La questione del reattore va ad aggravare un quadro generale di difficoltà del governo finlandese, alle prese soprattutto con una grave crisi economica che vede il Paese al terzo anno di recessione con prospettive di calo del Pil anche per il 2015. Le cause del declino sono ben note e innanzi tutto strutturali: il crollo del colosso delle telecomunicazioni Nokia (poi acquisito da Microsoft) e del settore IT, che un tempo pesava un decimo del Pil di Helsinki e oggi vale solo il 4%, la crisi dell'industria del legno e della carta. Come molte altre economie europee la Finlandia soffre poi di una grave debolezza nella domanda interna (consumi e investimenti), che si ripercuote sul lavoro (il tasso di disoccupazione è stimato quest'anno all'8,5%). Si aggiungono però anche fattori congiunturali, come il calo delle esportazioni - elemento trainante delle economie nordiche - dovuto alle performance deludenti di tradizionali mercati di sbocco, come l'Eurozona e la Russia. «Abbiamo perso quattro anni con questo governo - attacca il leader dell'opposizione Sipilae - le elezioni anticipate hanno più senso che tirare avanti con questa traballante coalizione».
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