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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2014 alle ore 08:13.

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MILANO
La Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha dichiarato «ammissibile» uno dei ricorsi presentati dalla difesa di Silvio Berlusconi contro la condanna a quattro anni per frode fiscale nel processo Mediaset. Lo conferma l'avvocato Piero Longo, precisando che la Corte europea «ha giudicato ammissibile il ricorso sulla violazione del giusto processo, per violazione dei diritti della difesa». I legali dell'ex premier avevano lamentato, nei due gradi di giudizio e nel ricorso in Cassazione, la compressione dei diritti dell'accusato, in particolare il drastico taglio dei testimoni chiamati dalla difesa. Il ricorso dovrà ora essere discusso e se i giudici di Strasburgo dovessero accogliere le tesi di Berlusconi - spiega Longo al Sole-24 Ore - «allora ci sarebbe la revisione del processo». Una eventualità che potrebbe ribaltare la situazione attuale ridando piena agibilità politica al leader di Forza Italia.
In seguito alla condanna, confermata in via definitiva dalla Corte di cassazione il 1° agosto dell'anno scorso, Berlusconi sta scontando la pena di un anno di affidamento in prova ai servizi sociali (tre anni sono stati cancellati dall'indulto): quattro ore di assistenza ogni settimana agli anziani dell'istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone, alle porte di Milano. Ma soprattutto, per effetto della sentenza, Berlusconi era decaduto da senatore e le pene accessorie gli hanno impedito di candidarsi alle ultime elezioni.
La decisione di giudicare ammissibile il ricorso arriva dopo una serie di bocciature di analoghe istanze presentate dai legali dell'ex premier. Una data per la discussione non è stata ancora stabilita ma la Corte ha comunicato ai difensori che «quanto prima sarà decisa la fissazione del procedimento». Secondo Niccolò Ghedini, questo potrebbe avvenire entro la fine dell'anno. O almeno questa è la speranza dei difensori dell'ex presidente del Consiglio.
«Silvio Berlusconi contro l'Italia», recitava l'intestazione del fascicolo di 33 pagine inviato a Strasburgo lo scorso anno dopo la sentenza della Cassazione. Vi sono elementi «sufficienti», scriveva Berlusconi nel ricorso, per affermare che «gli obiettivi politici hanno prevalso sulle ragioni del diritto» o «ne hanno orientato i percorsi applicativi al deliberato scopo di espungere dal corpo dei rappresentanti il leader di uno dei principali partiti italiani». Berlusconi parlava anche di «pericolose manipolazioni».
Secondo l'ex premier l'Italia aveva violato gli articoli 3, 7 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Berlusconi evidenziava gli effetti della legge Severino, sostenendo che la norma violava l'articolo 7 della Convenzione, che prevede che nessuno possa «essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale».
Berlusconi aveva sostenuto che la norma sull'incandidabilità e sulla decadenza del mandato parlamentare violava anche l'articolo 3, cioè il diritto a partecipare a libere elezioni, e l'articolo 13 che prevede che «ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un'istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali».
Infine, l'ex premier si era appellato anche a quella parte dell'articolo 13 della stessa Convenzione che impone agli «Stati contraenti l'obbligo di offrire alle persone che sono sottoposte alla sua giurisdizione la possibilità di far valere le proprie doglianze di violazione dei diritti» garantiti dalla Convenzione e di ottenere che siano esaminate «con sufficienti garanzie procedurali e in modo completo da un foro domestico appropriato che offra adeguate garanzie di indipendenza e imparzialità».
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