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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2014 alle ore 08:13.

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GENOVA
Ci sarebbero anche altre società, oltre alla Chil Post, nel mirino della Procura di Genova, che ha iscritto nel registro degli indagati, con l'accusa di bancarotta fraudolenta, Tiziano Renzi, il padre del presidente del Consiglio, nonché due ex amministratori della srl (Gian Franco Massone e Antonello Gabelli). Intanto, tra i 19 creditori dell'azienda fallita ne emerge uno in particolare: la Banca di credito cooperativo di Pontassieve, paese dove Matteo Renzi è di casa, che vanta un credito di 496.717 euro, verso la società del padre del premier, il più alto di tutti quelli inseriti nello "stato passivo", che viene calcolato in 1,125 milioni. La banca, peraltro, è presieduta da Matteo Spanò, amico di vecchia data (dai tempi degli scout) del presidente del Consiglio, nonché uno dei suoi consiglieri più fidati.
Tra le aziende che reclamano soldi dalla Chil Post compaiono anche la Asti Asfalti (per 228.648 euro), l'Immobiliare Miro (178.591 euro) ed Equitalia Nord (18.480 euro). Sono stati, però, i creditori più piccoli ad innescare la procedura di fallimento.
In queste ore, gli inquirenti (il sostituto procuratore Marco Airoldi e il procuratore aggiunto, Nicola Piacente), stanno analizzando i diversi passaggi societari, a partire dalla cessione nel 2010, a un prezzo irrisorio (3.878 euro), del ramo sano della Chil Post all'azienda Eventi 6, di proprietà della madre del premier, Laura Bovoli.
«La cessione della società alla Eventi 6 - ha spiegato il procuratore capo di Genova, Michele Di Lecce - è uno dei fatti che può integrare il reato di bancarotta fraudolenta ma ce ne potrebbero essere altri. Per questo stiamo studiando le carte».
Di Lecce ha anche ribadito quanto già dichiarato ieri al Sole 24 Ore, e cioè che non esiste alcuna «giustizia ad orologeria» e, ha aggiunto, «io non tengo in ostaggio nessuno», riferendosi a titoli di giornali secondo cui, con questa inchiesta, la magistratura avrebbe messo sotto scacco il premier. «Cerchiamo di concentrarci sui temi seri, come le riforme», gli ha fatto eco il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Rodolfo Sabelli, aggiungendo che affermazioni di un certo tipo «vanno bloccate sul nascere».
Intanto, in difesa del premier si è levata la voce del presidente della regione Toscana, Enrico Rossi. «Come dice il dettato costituzionale - ha affermato - fino a sentenza definitiva c'è innocenza. Credo che si debba trovare il modo di raffreddare questo circuito giudiziario-mediatico; credo che sarebbe positivo anche per il Paese. Mi pare che questo sia il punto. Se poi Tiziano Renzi ha fatto bancarotta fraudolenta ne risponderà, sarà rinviato a giudizio. Le colpe dei padri da un po' di tempo non ricadono più sui figli, casomai avviene il contrario». Ma, ha proseguito, «non credo ci sia alcun intervento perverso da parte della magistratura, che fa il suo mestiere e che non può non indagare».
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