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Questo articolo è stato pubblicato il 22 settembre 2014 alle ore 16:26.
L'ultima modifica è del 22 settembre 2014 alle ore 17:27.

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Umberto Veronesi (Fotogramma)Umberto Veronesi (Fotogramma)

Umberto Veronesi, l'oncologo di fama mondiale che ha rivoluzionato il trattamento del cancro, lascia a 89 anni l'incarico di direttore scientifico dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo), che ha fondato a Milano esattamente 20 anni fa. E lo fa proprio in occasione del ventennale dell'Istituto come lui stesso riferisce, lasciando il ruolo che ha ricoperto per tanti anni a Roberto Orecchia, decano anch'esso dell'istituto.

«Riflettendo sullo sviluppo atteso nel prossimo futuro - scrive Veronesi in una nota - che si prospetta molto intenso, ho pensato che fosse giusto rinnovare i vertici della Direzione scientifica, come mio atto di responsabilità personale e amore verso lo Ieo. Ho quindi deciso e proposto al Consiglio di amministrazione di designare Roberto Orecchia come direttore scientifico e Pier Giuseppe Pelicci come direttore della ricerca, due ricercatori entrate nell'Istituto 20 anni fa».

Lo Ieo, che è sempre stato all'avanguardia anche nel campo della ricerca, a queste due figure ne aggiungerà presto un'altra dedicata agli studi traslazionali, «per dare ulteriore impulso all'integrazione fra ricerca e clinica, che è da sempre un nostro obiettivo prioritario e un nostro punto di forza» sottolinea Veronesi, che rimarrà nell'istituto come Direttore scientifico emerito «per indirizzare le scelte strategiche della Direzione scientifica e per aiutarla ad affrontare le nuove sfide che attendono il nostro Istituto, a seguito delle tre grandi rivoluzioni - tecnologica, genetica ed etica - che già hanno cambiato e continueranno a cambiare rapidamente il volto dell'oncologia».

Con la nuova squadra della Direzione Scientifica «continuerò quindi a impegnarmi per la salvaguardia e la promozione dei principi e dei valori che hanno ispirato lo Ieo fin dalla sua costituzione - ha concluso l'oncologo - e ne hanno sempre fatto un unicum: umanità e scientificità, vale a dire amore empatico per i pazienti e fiducia nella ricerca».

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