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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2014 alle ore 15:44.
L'ultima modifica è del 23 settembre 2014 alle ore 18:04.

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L'articolo 3 della legge costituzionale 1 del 1948 al comma 2 rinvia all'articolo 68 della Costituzione per quanto riguarda l'immunità di cui godono i componenti della Consulta. In pratica se un componente della Corte Costituzionale dovesse risultare indagato (cosa finiora mai successa) la Corte sarebbe chiamata a concedere l'autorizzazione a procedere così com'era previsto dall'articolo 68 della Costituzione prima delle riforma del '93.

Nella legge costituzionale n. 1 del 1948 (articolo 3, comma 2) è scritto che «i giudici della Corte costituzionale non possono essere rimossi, né sospesi dal loro ufficio se non con decisione della Corte, per sopravvenuta incapacità fisica o civile o per gravi mancanze nell'esercizio delle loro funzioni». Fino a quando durano in carica, recita la norma, i giudici godono «della immunità accordata nel secondo comma dell'art.68 della Costituzione ai membri delle due Camere. L'autorizzazione ivi prevista è data dalla Corte Costituzionale». Il rinvio secondo un'interpretazione consolidata è «recettizio» nel senso che non tiene conto delle successive modifiche intervenute sull'articolo 68.

Pertanto, se Donato Bruno fosse eletto giudice costituzionale e fosse confermata l'esistenza di un'indagine a suo carico (a prescindere da eventuali avvisi di garanzia, che vengono notificati solo se devono essere compiuti atti "garantiti", che cioè richiedono la presenza del difensore), i magistrati di Isernia per procedere dovrebbero chiedere l'autorizzazione alla Corte per andare avanti. E in caso di risposte negativa dovrebbero fermarsi.

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