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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2014 alle ore 08:28.
L'ultima modifica è del 23 settembre 2014 alle ore 16:07.

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KYOTO – A 110 anni dal debutto di Madama Butterfly, l'opera pucciniana ha una nuova prima assoluta: la sua rappresentazione al castello degli shogun di Kyoto, il Nijo-jo, Patrimonio dell'Umanità che per la prima volta si apre alla lirica. Ed è una Butterfly italiana, anzi "bolognese": una co-produzione frutto della collaborazione tra il Teatro Comunale di Bologna e il Kyoto Opera Festival. La Filarmonica al completo (circa un centinaio di elementi, con tecnici e assistenti), la regia di Gabriele Marchesini, il cast del teatro (Nunzia Santodirocco /Butterfly, Antonio De Palma/Pinkerton, Marzio Giossi/Sharpless, Antonella Colaianni/Suzuki); giapponese il coro e il cast delle parti minori, mentre "comparse" d'eccezione sono state alcune bambine della scuola di danza tradizionale Kamogawa Odori.

Per l'allestimento e le prove le difficoltà logistiche e "pratiche" sono state notevoli e a complicare la situazione c'è stato un malore che ha colpito il Maestro Hirofumi Yoshida (direttore artistico della Filarmonica), costringendolo a saltare due sessioni di prove (sostituito dal maestro del coro Bruno Tirotta) e la direzione dei primi due atti della rappresentazione. Ma tutto, alla fine, si è sciolto nell'entusiasmo per un evento che si lascia definire storico.

Costruito nel 1603 dal primo shogun Tokugawa dopo il compimento dell'unificazione del Paese, il Nijo-jo ha rappresentato per 250 anni, con la ricchezza decorativa dei suoi interni, il simbolo del prestigio della dinastia shogunale, prima di passare alla famiglia imperiale dopo la restaurazione Meiji nella seconda metà dell'Ottocento. Più che una fortezza, è una delle più splendide residenze dell'antica capitale del Giappone. Per l'Opera, uno scenario non monumentale in senso classico, ma quintessenza della cultura del Paese di Butterfly, particolarmente adatta a mettere in luce anche visivamente il contrasto tra una cultura millenaria e la giovane, esuberante e superficiale intrusione americana.

"Mi sono commosso – ha detto il sindaco di Kyoto, Daisaku Kadokawa – Il connubio tra la grande tradizione operistica italiana e il patrimonio storico-culturale giapponese è davvero vincente". Kodokawa ha dovuto faticare non poco per far decollare il progetto di portare rappresentazioni operistiche nei luoghi di Kyoto dichiarati Patrimonio dell'Umanità. Una anteprima si è avuta l'anno scorso, quando per la prima volta un grande tempio buddista giapponese ha aperto i battenti all'Opera italiana: due atti unici barocchi ("Il maestro della musica" e il "Don Chisciotte" di Padre Giovanni Battista Martini) al Kiyomizudera, uno dei luoghi più visitati della città. Anche in quell'occasione, protagonista fu il Comunale di Bologna. "Siamo entusiasti di essere al centro di questa evoluzione verso l'alto dei rapporti tra Italia e Giappone – afferma il sovrintendente Francesco Ernani - Nei tempi che viviamo occorre credere nella cultura come strumento della crescita delle relazioni tra Paesi".

Il sindaco Kadokawa, tra l'altro, l'anno prossimo verrà in Italia sia per la settimana di Kyoto all'Expo di Milano sia in occasione dei 50 anni del gemellaggio con Firenze (tra l'altro dovrebbero essere approfondite le relazioni tra il mercato Nishiki di Kyoto e quello di San Lorenzo). "La musica e l'Opera possono essere un veicolo promozionale straordinario per l'approfondimento delle relazioni tra i due Paesi non solo in senso culturale, ma con un impatto positivo anche sul piano dei rapporti economici", afferma Marco Lombardi, Console generale a Osaka, che con il Maestro Yoshida concorda su alcune caratteristiche comuni di due popoli per molti versi assai lontani: la grande tradizione culturale e l'amore per il bello, che oggi diventa terreno comune di intesa. Un solo rammarico viene espresso da Cristina Giardini, maestro assistente: "Avremmo tanto desiderato che le pareti fossero aperte, in modo da rendere visibili gli interni, tra tatami, ori e paraventi. Nella scena del matrimonio sarebbe stato fantastico". Ma su questo i tutori giapponesi del patrimonio artistico non si sono lasciati commuovere. Altri luoghi World Heritage di Kyoto, comunque, attendono Bologna e la tradizione culturale italiana nei prossimi anni.

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