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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2014 alle ore 06:37.

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ROMA
«La riforma del mercato del lavoro non è una scatola di cioccolatini in cui tu scegli quelli che ti piacciono e lasci gli altri: la riforma del lavoro è un pezzo unico che si tiene tutto insieme. Quel progetto unitario è fatto di tre pezzi: come estendere la tutela nella disoccupazione, come formare i lavoratori italiani e infine come favorire il lavoro stabile». Il responsabile economico del Pd Filippo Taddei ricorda alla minoranza del partito che l'obiettivo primario messo in campo da Matteo Renzi con il Jobs Act è quello di portare tutele a chi non ce l'ha. Ed è «inaccettabile» una discussione incentrata tutta sulla questione della reintegra.
Allora, Taddei, si va avanti sulla strada di abolire l'articolo 18 per i neo assunti a tempo indeterminato?
Io preferisco parlare di aggiornamento dell'articolo 18, non di abolizione. Nella delega non si parla di articolo 18. Ma certo per estendere tutele e diritti ai lavoratori che non ce li hanno e per rendere il mercato del lavoro equo, universale ed efficiente abbiamo bisogno di strumenti nuovi e di norme nuove rispetto all'esistente.
Quindi l'ipotesi di reintrodurre la reintegra dopo un lungo periodo, magari 10 anni, è tramontata? Non può essere una soluzione di compromesso con chi vorrebbe reintrodurla dopo i tre anni di prova?
Tutte queste ipotesi hanno legittima dignità intellettuale e politica ma, ripeto, la riforma del mercato del lavoro si tiene tutta insieme. Il Pd, con il governo, è certo degli obiettivi da raggiungere ed è consapevole che esistono vari strumenti per realizzarli. Stiamo studiando tutti gli strumenti adeguati a raggiungere quegli obiettivi. Starà poi al presidente del Consiglio e segretario del partito fare una sintesi e proporla alla direzione del Pd, all'attenzione della nostra comunità.
Resta il fatto che la soluzione per il licenziamento sarà in via generale l'indennizzo economico. Giusto?
Sì, l'idea è introdurre un indennizzo monetario. Lo vogliamo rendere graduale, proporzionale all'età lavorativa. Anche in questo senso si parla di contratto a tutele crescenti. Invece di creare uno scalino, così com'è con l'articolo 18, si crea un percorso dove il lavoratore più anziano ha più tutele di quello più giovane, anche se il lavoratore giovane è comunque più tutelato che non con i contratti a tempo, che non hanno un costo di separazione.
E che convenienza economica ha il datore di lavoro ad assumere un giovane con il nuovo contratto a tempo indeterminato, visto che comporta comunque un costo di separazione, invece che con un contratto a tempo determinato?
Al datore di lavoro sarà offerto un vantaggio in termini di costo del lavoro attraverso uno sgravio Irap sulla parte del lavoro a tempo indeterminato o attraverso i contributi sociali. Il contratto a tempo indeterminato sarà più conveniente.
La delega prevede l'estensione delle tutele a tutti i lavoratori con l'introduzione di un sussidio di disoccupazione universale e l'attivazione di politiche attive del lavoro. La minoranza obietta che i 2 miliardi che si pensa di stanziare a questo scopo sono pochi, ne servirebbero dai 10 ai 15 miliardi l'anno...
È una discussione che non ha nessun senso fatta così in astratto. Parliamo di quanti lavoratori sono scoperti, otteniamo una stima e vediamo quanto costano. Fatta quella chiarezza stimeremo i costi e da parte del Pd c'è la determinazione di essere conseguenti: individuata la platea, ci impegnamo a trovare le risorse.
Il dato sui disoccupati c'è.
Certo, il dato sui disoccupati c'è, ma noi sappiamo che di quei disoccupati alcuni ricevono il sostengo e altri non lo ricevono. Noi ci concentriamo su quelli che non lo ricevono perché avevano il contratto sbagliato o magari hanno avuto la sfortuna o l'imperizia di avere carriere contributive discontinue.
E le politiche attive? Come funzioneranno?
Occorre ricondurre le politiche di formazione articolate su base regionale ad una prospettiva nazionale unitaria. Ad oggi noi sappiamo che l'Italia è in un deficit di competenze: i lavoratori italiani hanno perso molte competenze durante la crisi, rispetto alla media europea siamo nell'ordine di 10/15 punti. Quello che dobbiamo fare è condurre a piano unitario nazionale le politiche regionali per colmare questo deficit di competenze e restituire capitale umano. È poi importante osservare che le politiche attive si terranno sempre più per mano con le cosiddette politiche passive, ossia l'aiuto alla disoccupazione. L'idea è quella di condizionalità e responsabilità. Estendiamo l'assegno di disoccupazione ai lavoratori che ora non ne hanno diritto, glie lo diamo in maniera automatica, ma in cambio chiediamo l'impegno attivo del lavoratore nella formazione, e naturalmente l'obbligo di accettare una congrua offerta di lavoro. Altrimenti si perde il sussidio.
E l'idea, avanzata da qualcuno della minoranza, di far partire prima i nuovi ammortizzatori e solo dopo intervenire sui contratti?
Non avrebbe senso, su questo io vorrei avanzare la mia ferma opposizione. Questo è un progetto di mercato del lavoro complessivo: Ha un faro, estendere tutele e diritti, e un fine, ridare capitale umano a chi l'ha perso.
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