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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2014 alle ore 15:18.
L'ultima modifica è del 24 settembre 2014 alle ore 15:19.

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(Ansa)(Ansa)

Ricco di ostacoli e divieti per i candidati ma pur sempre volontario e senza sanzioni. Ecco il nuovo codice etico presentato alla Camera dal presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi a partiti, formazioni politiche, movimenti e liste civiche che vogliono impegnarsi, in qualunque competizione elettorale, a non presentare e nemmeno a sostenere, sia indirettamente sia attraverso il collegamento ad altre liste, candidati che non rispondano ai requisiti del codice.

Il solo Movimento Cinque Stelle ha proposto che il codice avesse valenza anche per chi non aderisce e che alla Commissione antimafia fosse riconosciuta competenza nella verifica del rispetto del codice. I tempi stretti e qualche polemica (alcuni commissari hanno avuto la bozza solo mezz'ora prima che fosse analizzata, altri non sapevano neppure che sarebbe stato presentato oggi) hanno lasciato il campo a una soluzione diversa. Nella relazione di accompagnamento al codice si legge infatti che «la Commissione reputa inoltre necessario che sia successivamente verificata la rispondenza della composizione delle liste elettorali alle prescrizioni del presente codice nell'ambito dei poteri conferiti dalla legge istitutiva».
Interessante notare che il codice di autoregolamentazione si applica anche alle nomine di competenza dei presidenti di Regione, di Provincia e dei sindaci delle città metropolitane e dei Comuni.
Il precedente
Già nel febbraio 2010 la Commissione parlamentare antimafia approvò un codice etico ma poche settimane dopo, l'11 marzo, l'allora ex vicepresidente Fabio Granata dichiarò: «La Commissione parlamentare Antimafia ha approvato un codice etico contro l'inserimento nelle liste elettorali di candidati implicati con la mafia. Ma il codice è già stato trasgredito da un po' tutti i partiti. Di questo riferiremo alla Camera».
Qui Reggio Calabria
Come ha ricordato il vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia, Claudio Fava, «un primo banco di prova saranno le elezioni a Reggio Calabria, comune sciolto per mafia ma ancora fortemente sottoposto al ricatto della 'ndrangheta. Non possiamo più delegare la lotta alla mafia al solo lavoro dei magistrati: occorre pretendere che la politica recuperi fino in fondo il proprio senso di responsabilità. E se ciò non accadrà, sarà importante poter fare affidamento sul lavoro di monitoraggio e di denuncia politica della nostra Commissione». Del resto il nuovo codice etico nasce dopo che, il 17 settembre, in audizione presso la Comissione, il capo della Procura di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, aveva lanciato l'ennesimo allarme sul rischio di inquinamento nelle elezioni calabresi.

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