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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2014 alle ore 19:33.
L'ultima modifica è del 27 settembre 2014 alle ore 15:51.

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(AP Photo)(AP Photo)

Il presidente turco Erdogan ha evocato la possibilità di inviare truppe per contribuire ad istituire una “zona di sicurezza” in Siria per i profughi in fuga dallo Stato Islamico nel caso ci fosse un accordo internazionale in questo senso. Al quotidiano Hurriyet, Erdogan ha detto che sono in corso negoziati per stabilire quali Paesi possano partecipare a una operazione di questo tipo. Ieri il presidente turco, di rientro dall'Assemblea generale dell'Onu a New York, aveva annunciato che la posizione di Ankara nella lotta contro l'Isis è cambiata dopo la liberazione degli ostaggi turchi, lasciando intendere che la Turchia potrebbe unirsi alla coalizione militare internazionale e aggiungendo che «misure necessarie» saranno prese dal Parlamento il 2 ottobre.

Raid alleati nella zona di Homs. Cameron al fianco di Obama
Per la prima volta, aerei della Coalizione internazionale guidata dagli Usa hanno bombardato obiettivi dello Stato islamico (Isis) nella provincia centrale siriana di Homs, allargando così il raggio d'azione dopo i raid sulle postazioni dei jihadisti nel Nord del Paese. Lo riferisce l'ong Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus).
Gli aerei della Coalizione hanno colpito obiettivi nell'area desertica di Al Hammad, ad est della città di Tadmor.

La nuova ondata di raid arriva poche ore dopo che il Parlamento britannico ha dato l’ok ai bombardamenti contro l’Isis. La mozione presentata dal governo a Westminster è stata approvata a larga maggioranza con 524 voti a favore e 43 contrari, dunque con il sostegno anche del partito laburista. Gli aerei britannici potranno lanciare i primi attacchi già stasera, al fianco di quelli americani . Il ministro della Difesa prevede che il coinvolgimento militare di Londra durerà «due o tre anni», ma senza soldati in campo. La Gran Bretagna non esclude attacchi anche in Siria, ma ci vorrà un altro voto del Parlamento prima di procedere. Quella in Iraq, ha detto il premier David Cameron, «sarà una missione che non durerà qualche settimana, ma anni. Dobbiamo essere pronti a questo tipo di impegno».

Il capo del Pentagono: i raid aerei non basteranno
«Nessuno si deve fare illusioni: l'Isis non si sconfigge solo con i raid aerei. I bombardamenti non bastano. Serve un'azione piu' ampia, anche politica e diplomatica». Lo ha detto il capo del Pentagono, Chuck Hagel.

Si unisce anche la Danimarca
Intanto, si allarga il fronte dei Paesi impegnati nei raid contro gli jihadisti sunniti dello Stato islamico (Isis): il premier danese, Helle Thorning-Schmidt, ha annunciato che Copenaghen invierà sette caccia F-16 da impiegare in bombardamenti contro le postazioni dei miliziani in Iraq, ma non in Siria.

Più di 3mila jihadisti in Europa
La minaccia è più concreta che mai. Sono infatti «più di 3mila» gli europei che si sono uniti ai jihadisti dell'Isis in Siria ed Iraq: la stima è del coordinatore europeo contro il terrorismo, Guilles De Kerchove. Intervistato dalla Bbc, de Kerchove ha messo in guardia l'Occidente dal rischio che i raid aerei in Iraq e Siria scatenino attentati per rappresaglia in Europa. «È stato chiaro con la Francia. Tre giorni fa (l'Isis) ha diffuso un comunicato per dire che ci sarebbero state rappresaglie contro la coalizione; e in Algeria é stato rapito un francese e ed è stato decapitato: hanno fatto quel che avevano annunciato». Non solo: c'é il rischio che gruppi terroristici rivali, per esempio al-Qaeda, possano compiere attentati per mantenere alto il loro profilo: «La crescita (dell'Isis) potrebbe spingere al-Qaeda a far qualcosa per mostrare che conta ancora».

La stima comprende sia quelli che sono da tempo nella regione, sia quelli che sono tornati in Europa o che sono morti in battaglia. Secondo la Cia, i miliziani che combattono nelle fila dell'Isis sono circa 30mila, un bilancio diffuso nei giorni scorsi e che ha triplicato le stime precedenti. La nascita del 'califfatò, secondo il capo europeo dell'anti-terrorismo, ha probabilmente amplificato le adesioni alla jihad in Europa: «Se ci credi, probabilmente ne vuoi far parte il prima possibile».

Nove arresti in Spagna: il capo è stato nell’esercito spagnolo
Prosegue intanto la caccia ai terroristi in Europa. Nove persone accusate di terrorismo e di appartenenza a una cellula della jihad collegata allo Stato islamico (Isis) sono state arrestate all'alba di oggi a Melilla e Nador, in un'operazione coordinata dall'alto tribunale dell'Audiencia Nacional. Il capo della cellula terroristica di Melilla lavorò in passato per l'Esercito spagnolo. Nato a Melilla, questo terrorista ha viaggiato in Marocco, Mali e altri Paesi per reclutare jihadisti.

Identificato il «boia» dei giornalisti
Intanto, gli Stati Uniti hanno identificato l'assassino dei giornalisti James Foley e Steven Sotloff, uccisi dall'Isis. «L'agenzia ritiene di aver identificato il militante visto nei video della decapitazione di Foley e Sotloff» ha affermato il numero uno dell'Fbi, James Comey, che però non ha voluto rilasciare il nome del presunto assassino. Si tratta del boia dall'accento britannico comparso nei due video.

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