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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2014 alle ore 13:14.

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Continua, senza soste, il lento scivolamento dei consumi in Italia. Il -0,1% di luglio può sembrare ininfluente ma su base tendenziale siamo al -1,5 per cento. E il trend discendente è pressoché costante da anni.
Quello che salta più all'occhio con l'ultima rilevazione Istat sul commercio al dettaglio è la frenata della caduta del non food e l'accelerazione della caduta dell'alimentare.

Dopo anni di contrazione dei beni durevoli - come elettrodomestici, prodotti per la cura della casa e della persona ma anche abbigliamento e farmaci – la retromarcia continua ma l'alimentare, da sempre ritenuto settore stabile, ora segna addirittura un -2,5% rispetto a un anno fa, contro il -1% del non food. Nel 2013 le vendite di alimentari sono scivolate del 4% a valore (costante) e del 2,1% a volume. Dall'inizio della crisi il calo dei consumi è stato di 13 punti.

Nemmeno la lotta furibonda intrapresa dall'industria di marca sugli scaffali dei supermercati, con sconti, bonus e promozioni a pioggia, è in grado di arrestare lo svuotamento del carrello. Oramai un prodotto su tre presenta un taglio dei prezzi e le famiglie possono agevolmente saltare da una marca all'altra per categoria acquistando meglio. E nemmeno la fuga verso i discount e i prodotti anonimi è più in grado di arrestare il taglio della lista della spesa.

Il problema sta nell'erosione del reddito delle famiglie oltre che in un tasso di disoccupazione record e in un ricorso agli ammortizzatori sociali diffuso. Il governo ha, lodevolmente, messo nelle tasche di 10 milioni di italiani 80 euro, anche se per ora non sono stati utilizzati per gli acquisti. Ma si spera che, pagate bollette e tasse comunali, possa concedersi qualche "lusso" in più.

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