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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2014 alle ore 18:55.
L'ultima modifica è del 25 settembre 2014 alle ore 19:06.

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L'Aula della Camera ha approvato (283 sì, nessun no, 15 astenuti) la proposta di legge sugli orari degli esercizi commerciali: previsti sei giorni all'anno di chiusura obbligatoria per negozi e supermercati. La riforma, che ora passa all'esame del Senato, è un passo indietro rispetto alla liberalizzazione degli orari introdotta dal governo Monti con il decreto Salva Italia.

Nessun obbligo di chiusura domenicale e festiva per bar e ristoranti
Il disegno di legge, composto da 4 articoli, prevede che in dodici giorni festivi dell'anno (Capodanno, Epifania, 25 aprile, Pasqua, pasquetta, il primo maggio, il 2 giugno, il 15 agosto, il primo novembre, l'8 dicembre, Natale e Santo Stefano) le attività commerciali debbano essere svolte nel rispetto degli orari di apertura e di chiusura domenicale e festiva. Viene però contestualmente consentito a ciascun esercente l'attività di vendita al dettaglio, di derogare all'obbligo di chiusura, fino ad un massimo di sei giorni, individuati liberamente tra i dodici indicati dal testo, «dandone preventiva comunicazione al comune competente per territorio». E ancora: «Le attività di somministrazione di alimenti e bevande non sono soggette ad alcun obbligo di chiusura domenicale o festiva». Le nuove disposizioni si applicheranno a decorrere dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della riforma.

Senaldi (Pd): buona sintesi tra esigenze diverse
Angelo Senaldi (Pd), relatore al Ddl, ha definito la riforma «una buona sintesi tra il rispetto dei momenti fondamentali della vita sociale del Paese e lo sforzo di trovare una soluzione ad alcune delle problematiche economiche che lo affiggono in questo momento». Il «numero calibrato di chiusure obbligatorie durante le festività nazionali, ha sottolineato Senaldi, «mette al riparo e riafferma il loro valore per le famiglie e le varie comunità».

M5S: fondo piccoli esercenti segnale di attenzione in momento di crisi
Soddisfatto anche il M5S, che pur auspicando «più chiusure obbligate» registra comunque «il passo avanti rispetto al regime da far west voluto dal governo Monti». I grillini rivendicano in particolare l'istituzione del nuovo fondo di tutela dei piccoli esercenti, con un plafond limitato ma destinato a sostenere le micro-imprese anche nella copertura dei costi legati all'introduzione obbligatoria del Pos: «un primo segno di attenzione verso un segmento economico in grande difficoltà».

Lega contro: a rischio spazi familiari e piccoli negozi
«Le aperture domenicali "scippano" spazi familiari e sono una minaccia gravissima per i piccoli negozi». Questa la linea della Lega Nord sostenuta in Aula dal deputato Stefano Allasia, che si è opposto alle aperture festive con una serie di emendamenti tutti respinti. Il Carroccio ha proposto di portare a 12 le chiusure festive obbligatorie, di affidarne la competenza alle Regioni e di potenziare le agevolazioni al piccolo commercio. «Una maggioranza prona ai poteri forti della grande distribuzione - spiega la Lega Nord in una nota - sta avallando un provvedimento che è uno sgambetto ai piccoli esercizi commerciali, che certo non hanno risorse, persone e mezzi per tenere aperti a oltranza».

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