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Questo articolo è stato pubblicato il 27 settembre 2014 alle ore 08:13.

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ROMA
Consapevoli che il dibattito su rottamatori e vecchia guardia abbia assai poco appeal sull'opinione pubblica, compresa quella colorata d'azzurro, lo scontro interno a Fi si sposta sul piano politico. «Noi rischiamo di avere un partito di renzologi, dove ci preoccupiamo dalla mattina alla sera di quello che fa Renzi o di quello che vuole Renzi e molto poco di quello che invece dovremmo fare noi e dovremmo proporre noi», rilancia Raffaele Fitto. Il deputato più votato alle europee è a Perugia, assieme allo stato maggiore del partito, per il meeting del Ppe su «L'Europa e l'Italia che vogliamo» organizzato da Antonio Tajani. Fitto non nomina Silvio Berlusconi ma è evidente che sotto accusa c'è proprio l'atteggiamento ritenuto fin troppo accondiscendente del leader di Fi nei confronti del premier.
A poco serve che Maria Stella Gelmini, così come Anna Maria Bernini, o Giovanni Toti assicurino che non c'è alcuno scontro tra un Berlusconi rottamatore e la vecchia guardia, che il messaggio del Cavaliere è stato «distorto», che Fi è «un partito vivo in cui si discute» e che se c'è una guerra interna quella semmai «è nel Pd». Dietro alle dichiarazioni pubbliche condite da abbracci e sorrisi imperversa una vera e propria battaglia. Nel mirino c'è il patto del Nazareno. L'accordo Berlusconi-Renzi è da sempre mal digerito da una parte non piccola del partito. «Adesso c'è una discussione sul lavoro. Io sarei molto prudente prima di esprimere un giudizio in questo senso», ha detto ancora Fitto che è il leader degli oppositori alla linea dolce verso il premier. «Il patto del Nazareno, per quanto mi riguarda, si riferisce solo alle riforme, sul merito delle quali penso che noi dovremmo dire anche la nostra perché è importante fare questo, e nulla altro», è la conclusione.
Il timore di Fitto e degli altri oppositori è che Fi perda la propria identità. «Un partito d'opposizione che rinuncia a fare opposizione è destinato a diventare residuale», sostengono. Il rischio è di vedersi compromessi con il governo pur senza parteciparvi direttamente. Ma il Cavaliere non la pensa così. Berlusconi è convinto che in questa fase non abbia alternative e vuole sfruttare questa sorta di Purgatorio in cui l'ha confinato la sentenza di condanna, per rigenerare il partito. L'annessione dei Club Forza Silvio sono stati il primo passo. Ieri a Perugia c'era anche Marcello Fiori che dei club è il coordinatore e al quale Berlusconi vuole affidare un ruolo di primo piano. Lui certo non si tira indietro: «Non c'è nessuna operazione Fiori, c'è un'operazione per far tornare Fi a vincere le elezioni, se Fiori è lo strumento ben venga».
Parole che certo hanno fatto storcere il naso a parecchi. L'idea di una reclutazione dall'alto della classe dirigente viene vista male e più volte è stata stoppata. «La classe dirigente di un partito non la si seleziona a un casting del Grande fratello – attacca Fitto – ma in un modo concreto e serio. Per me i valori di riferimento sono la capacità o la incapacità di un dirigente, il consenso o la mancanza di consenso, e penso che su questo si possa articolare la capacità di costruire una classe dirigente».
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