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Questo articolo è stato pubblicato il 27 settembre 2014 alle ore 08:13.

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PALERMO
La prossima udienza è fissata per giovedì prossimo. A Palermo, nell'Aula Bunker del carcere Ucciardone, dove si celebra il processo per la cosiddetta Trattativa tra Stato e mafia comparirà il pentito Vincenzo Sinacori, ex fedelissimo del boss mafioso Matteo Messina Denaro. Sarà forse il momento buono per cominciare a capire quando potrà essere interrogato, nella sua qualità di testimone, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Di fatto ancora una data non esiste e sono già state fissate due date d'udienza: quella di mercoledì, appunto, e quella del 9 ottobre, giorno in cui è chiamato a deporre quello che fu il ministro dei lavori pubblici di Totò Riina, Angelo Siino oggi pentito.
Il presidente della seconda sezione della Corte d'assise di Palermo Alfredo Montalto nell'ordinanza in cui dispone che il Capo dello Stato venga ascoltato cita l'articolo 502 del Codice di procedura penale ovvero l'articolo che disciplina i casi di teste impossibilitati ad andare in udienza ed dunque l'udienza in cui dovrà essere ascoltato Napolitano si terrà al Quirinale. A porte chiuse: verranno solo ammessi i magistrati dell'accusa e i difensori. Non saranno ammessi né il pubblico né la stampa. Un punto che è stato ulteriormente ribadito ieri dal presidente del Senato Piero Grasso, anche lui testimone in questo processo che però ha scelto di essere ascoltato a Palermo: «Anche io ho testimoniato a questo processo - ha ricordato Grasso - e, avendo la possibilità di scegliere, sono andato a Palermo. Il presidente Napolitano, per legge, sarà sentito al Quirinale quando concorderanno la data con la Corte. Ha già detto che non ha alcun problema».
La corte presieduta da Montalto ha di fatto accolto la richiesta (sollecitata più volte) dei pubblici ministeri palermitani e il capo dello Stato dovrebbe riferire dei timori espressigli dal suo ex consigliere giuridico Loris D'Ambrosio, poi morto, su episodi accaduti tra il 1989 e il 1993 riconducibili, secondo i magistrati, proprio alla trattativa Stato-mafia. Il Capo dello Stato nello scorso novembre aveva inviato una lettera al Presidente della Corte nella quale diceva di non aver avuto «ragguagli» o «specificazioni» da D'Ambrosio riguardo ai quei timori e, pertanto, di non avere «da riferire alcuna conoscenza utile al processo».
Una convocazione, secondo l'ex presidente della commissione Stragi Giovanni Pellegrino, che serve alla «logica di teatro che sta ispirando il processo in corso a Palermo». Spiega Pellegrino: «Su che cosa sarà sentito Napolitano? Certamente solo sul contenuto della lettera trasmessa da Loris D'Ambrosio. Documento che il Capo dello Stato ha scelto autonomamente di rendere pubblico, e sui cui contenuti ha già dichiarato di non avere informazioni ulteriori che possano essere di qualche utilità per il processo. La Corte d'Assise non potrà che prendere atto della probabile conferma di questa affermazione, senza poter spingere più in là l'esame del teste».
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