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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2014 alle ore 09:09.
L'ultima modifica è del 30 settembre 2014 alle ore 12:24.

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Il ministro cambogiano dell’Interno Sar Kheng e il ministro australiano per l’Immigrazione Scott Morrison durante l’accordo (Afp)Il ministro cambogiano dell’Interno Sar Kheng e il ministro australiano per l’Immigrazione Scott Morrison durante l’accordo (Afp)

L'Australia e la Cambogia hanno firmato un controverso accordo secondo il quale Phnom Penh ha accettato di accogliere un numero imprecisato di rifugiati attualmente ospitati nel campo profughi australiano dell'isola di Nauru in cambio di 35 milioni di dollari Usa in aiuti. La firma è avvenuta nella capitale cambogiana ad opera del vice primo ministro cambogiano Sar Kheng e del ministro australiano dell'immigrazione Scott Morrison. La cerimonia, disturbata dalla caduta rovinosa di un vassoio di coppe di champagne, è durata pochi minuti ed è terminata con l'applauso delle poche persone – soprattutto membri dell'entourage dei due uomini politici – presenti.

Dalla firma, tuttavia, ci sono state dimostrazioni di protesta nella capitale cambogiana, davanti all'ambasciata australiana e nella stessa Australia.

L'accordo. Un comunicato stampa distribuito ai media ha specificato che sarà la Cambogia a decidere quanti rifugiati ospitare, aggiungendo che il Paese si sarebbe impegnato a un periodo di prova in cui solo un piccolo numero di rifugiati verrà spedito nel Paese asiatico che deciderà successivamente sul numero esatto di persone da accogliere. In cambio della sua disponibilità Phnom Penh riceverà l'equivalente di 35 milioni di dollari Usa in aiuti nei prossimi quattro anni.

Le reazioni. L'Alto commissario Onu per i rifugiati António Guterres ha espresso preoccupazione e ha chiesto all'Australia di riconsiderare l'accordo. In un comunicato, Guterres ha definito il deal “una deviazione preoccupante dalle norme internazionali” aggiungendo che le nazioni non dovrebbero trasferire le loro responsibilità nei confronti dei rifugiati. Anche l'opposizione cambogiana ha fatto sentire la sua voce. Il leader dell'opposizione Son Chhay ha criticato il livello di segretezza intorno all'accordo e il rischio che i 40 milioni di dollari australiani possano finire per alimentare la corruzione nel Paese. “La Cambogia” ha concluso “non deve diventare una discarica per rifugiati indesiderati”. In Australia, Alastair Nicholson, ex giudice della Family Court ha affermato che il patto è “inappropriato, immorale e molto probabilmente illegale”. Nicholson parlava come rappresentante di un'alleanza formata da alcune società non-profit come Amnesty International, Save the Children e il Refugee Council of Australia.

La difesa. Il ministro cambogiano degli Affari esteri, Hor Namhong ha difeso l'accordo sostenendo che la Cambogia non ha accettato per via dei soldi che le verranno consegnati. “La ragione per la nostra decisione” ha spiegato il ministro “ è che durante i trenta anni di conflitto cambogiano, molti nostri fratelli e sorelle sono fuggiti e si sono rifugiati in molti Paesi. Oggi, per esempio, ci sono 30mila nostri compatrioti che vivono negli Stati Uniti. E ce ne sono molti in Francia, Australia e Canada. È il turno ora del nostro Paese mostrare solidarietà con i rifugiati dei nuovi conflitti”.

I dati. Secondo i dati dell'Alto Commissariato Onu per i rifugiati ci sono circa 1.200 persone detenute nell'isola di Nauru e circa 1.100 nell'isola di Manus (appartenente alla Papa Nuova Guinea), secondo accordi stipulati da Canberra con le due nazioni ospitanti. La maggior parte proviene dal Sud-est asiatico e dal Medio Oriente. Delle 1.200 persone a Nauru, 200 sono state classificate come rifugiati e potrebbero essere mandate in Cambogia. Phnom Penh ha specificato che accetterà solo coloro che lasceranno il campo volontariamente.

Il Paese ospite. La Cambogia, uscita da un rovinoso conflitto trentennale, è una nazione con poche strutture sociali e con un povero record nel campo dei diritti umani. Servizi chiave come sanità e istruzione sono in pessime condizioni. La disoccupazione è alta e malnutrizione e povertà sono diffusi. Sono quindi in molti a credere che non sia una destinazione ideale per chi ha deciso di lasciare il proprio Paese in cerca di una vita migliore.

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