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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2014 alle ore 21:27.
L'ultima modifica è del 30 settembre 2014 alle ore 22:31.

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(LaPresse)(LaPresse)

Terzo video del giornalista britannico Cantlie
Intanto i jihadisti sunniti dello Stato islamico continuano ad usare come arma di propaganda il giornalista britannico John Cantlie, nelle loro mani dal 2012. Nella notte è stato diffuso un terzo video, simile nella forma e nei contenuti ai precedenti (e' sempre vestito con la tuta arancione dei detenuti di Guantanamo), in cui Cantlie torna ad attaccare la strategia Usa in Iraq e Siria e si definisce «un prigioniero a lungo termine».

Nelle immagini Cantlie, che cita il discorso del presidente americano nell'anniversario dell'11 settembre per fornire un periodo di riferimento in cui collocare le sue parole, torna ad apparire seduto dietro una scrivania e parla guardando direttamente in camera e punta il dito contro la strategia dei raid aerei di Barack Obama, «inutili per conquistare e controllare il territorio... ed è difficile immaginare che questo esercito (iracheno, ndr) raccogliticcio possa essere credibile».

Nuovo appello della moglie di Alan Henning
Barbara Henning, la moglie del tassista britannico Alan Henning rapito in Siria a dicembre, ha rivolto un nuovo appello all'Isis affinché liberi il marito 47enne e padre di due figli. Questa volta lo rivolge attraverso le telecamere della Bbc: «Chiedo allo Stato islamico, per favore liberatelo, abbiamo bisogno che torni a casa». Barbara Henning aveva rivolto il suo primo straziante appello pubblico circa 10 giorni fa, supplicando agli jihadisti dell'Isis di lasciare andare Alan, «un uomo pacifico, altruista, che ha lasciato la sua famiglia e il suo lavoro per portare un convoglio di aiuti in Siria, per aiutare chi ha bisogno, insieme con i suoi colleghi musulmani e i suoi amici».

I metodi del Califfo fanno scuola
Nelle Filippine, come già in Algeria col brutale assassinio del turista francese, i metodi del Califfo fanno scuola. Il gruppo terroristico islamista Abu Sayyaf aumenta la pressione sul governo tedesco e invia un messaggio audio nel quale i due ostaggi tedeschi nelle loro mani chiedono aiuto. I due turisti di 74 e 55 anni, rapiti nelle Filippine ad aprile mentre erano in barca a vela, hanno lanciato un appello a Berlino: «Ci rivolgiamo al governo tedesco e filippino affinché facciano il possibile, siamo in una situazione difficile» supplica la donna. Il suo compagno, un medico, aggiunge: «Temo per la mia vita».

Le autorità filippine hanno inviato migliaia di truppe e forze speciali nel Sud dell'arcipelago, nella provincia di Sulu, roccaforte del gruppo separatista musulmano di Abu Sayyaf.

Un portavoce del gruppo terroristico ha poi minacciato la decapitazione dei due ostaggi se entro il 10 ottobre la Germania non pagherà 4 milioni di euro e non interrompera' la sua cooperazione nella lotta allo Stato islamico in Iraq e Siria: «Se entrambe queste richieste non verranno soddisfatte, decideremo sulla sorte dei due ostaggi». Quest'estate i sequestratori hanno mostrato alcune foto dei due turisti tedeschi in ginocchio, circondati da uomini armati.

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