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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2014 alle ore 12:34.
L'ultima modifica è del 30 settembre 2014 alle ore 21:30.

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(Foto: Alberto Negri)(Foto: Alberto Negri)

Questo è il Punto Zero di Kobane, la città siriana a 500 metri dal confine della Turchia, assediata da oltre due settimane dalle milizie dell'Isil. Da qui sono passati oltre 150mila profughi e altri continuano da arrivare anche se per loro passare la frontiera è sempre più complicato: l'esercito turco con i buldozer ha scavato un vallo che impedisce il passaggio delle auto dei rifugiati. I profughi, terrorizzati dalle atrocità compiute dai jihadisti del Califfato, sono ospitati dai curdi della città turca di Suruc dove vengono infilati ovunque, nelle case e nei negozi. Molti però restano ancora all'addiaccio sotto gli alberi di melograno dove si affollano gruppi di donne e bambini piccoli che non ricevono da giorni quasi nessun aiuto.

Il pericolo è costante. I jihadisti bersagliano Kobane con colpi di mortaio che in qualche caso arrivano anche in territorio turco. I volontari curdi sono arrivati da ogni parte della Turchia per aiutare i loro fratelli siriani assediati a Kobane ma si sono scontrati con la gendarmeria che ne impedisce il passaggio. Soltanto stamane è stato deciso di lasciare liberi i posti di frontiera: l'esercito si è ritirato e i curdi controllano i valichi.

Si tratta di una situazione assai precaria. I carri armati turchi si sono schierati su una collina a stretto contatto con Kobane ma il governo e militari di Ankara non hanno ancora deciso se intervenire contro il Califfato e come: si parla insistentemente di una fascia di sicurezza sul confine ma questo significa fare la guerra ai jihadisti.

Il presidnete Tayyep Erdogan è una svolta. Dopo avere propagandato con l'attuale premier Ahmet Davutoglu slogan come “profondità strategica” e “zero problemi con i vicini”, miseramente naufragati nella realtà mediorientale, con l'irruzione del Califfato si trova ad affrontare ai confini problemi che lui stesso ha contribuito a creare permettendo che migliaia di jihadisti varcassero indisturbati le frontiere turche per abbattere il regime di Bashar Assad. Senza contare la “quinta colonna” dell'Isil, dove il 10% dei combattenti sono turchi. E Kobane, su quella collina dove sferragliano i carri armati davanti alle milizie del Califfato, è un severo banco di prova.

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