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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2014 alle ore 06:38.

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PARIGI. Dal nostro corrispondente
Con il rinnovo, domenica scorsa, di metà dei suoi membri, il Senato francese ritrova la maggioranza di centro-destra che ha sempre avuto (per 635 mesi su 672) nell'attuale assetto istituzionale del Paese (dal 1958). Com'è d'altronde ovvio, visto che le zone rurali - tradizionale bacino elettorale della destra - sono sovrarappresentate nella "camera alta". L'eccezione alla regola è semmai stata quella dei 37 mesi di risicata maggioranza della sinistra negli ultimi tre anni.
Per il presidente François Hollande e il partito socialista avrebbe potuto andare molto peggio. Il Senato "dei territori", sorta di modello di riferimento anche per la riforma italiana, viene votato al 95% da grandi elettori scelti dai consiglieri comunali. E proprio alle elezioni comunali, lo scorso marzo, i socialisti hanno registrato la loro prima, pesantissima sconfitta di quest'anno (seguita da quella alle europee). Tant'è che alla vigilia di questo appuntamento, molti osservatori immaginavano per il centro-destra una maggioranza assoluta fino a 30 seggi.
I senatori dell'Ump, il partito dell'ex presidente (e candidato in pectore per il 2017) Nicolas Sarkozy, e dei loro alleati centristi dell'Udi saranno invece 190 (rispettivamente 152 e 38), 15 in più della maggioranza assoluta.
E se dal punto di vista della percezione da parte dell'opinione pubblica si tratta indubbiamente del terzo insuccesso per Hollande in pochi mesi, in termini politici concreti cambia poco. O forse è addirittura meglio, per l'impopolarissimo ospite dell'Eliseo. I sei voti di scarto su cui poteva contare al Senato erano infatti una maggioranza solo sulla carta. Nella realtà i 21 comunisti votavano regolarmente contro. E anche Verdi (10) e Radicali (19) erano alleati riottosi e poco disciplinati. Almeno ora la situazione è più chiara: è finito il tempo delle mediazioni defatiganti e delle sorprese spiacevoli.
Sotto il profilo istituzionale, infine, non cambia sostanzialmente nulla: in Francia il Senato non ha praticamente poteri, affidati interamente alla Camera dei deputati. Certo, non ci saranno i numeri per eventuali riforme istituzionali che richiedono i due terzi dei voti delle Camere riunite. Ma non c'erano neppure prima e comunque in agenda queste riforme non ci sono.
Inoltre, se i socialisti (15 senatori in meno) hanno indubbiamente perso, non si può dire che la destra abbia davvero vinto: per avere la maggioranza, l'Ump (12 senatori in più) dovrà contare sui voti dei centristi, che si sono sensibilmente rafforzati (con 7 senatori in più) e non sempre sono allineati sulle posizioni della destra.
Ma un vero vincitore c'è. Ed è, ancora una volta, il Front National. Dopo essere riuscita, nel 2012, a conquistare due deputati; a ottenere, in marzo, undici sindaci; a diventare, alle europee, il primo partito francese, l'estrema destra new age di Marine Le Pen fa il suo storico ingresso al Senato con due rappresentanti: Stéphane Ravier, "sindaco" di uno degli arrondissement di Marsiglia, e David Rachline, primo cittadino di Fréjus. Che a 26 anni diventa il senatore più giovane. Come già Marion Maréchal Le Pen è stata - e continua a essere -la più giovane alla Camera.
Il Front National consolida così il proprio insediamento nelle istituzioni. E dimostra di essere in grado di continuare ad ampliare i propri consensi, incassando 4mila voti di grandi elettori rispetto ai circa mille previsti. Un'altra tappa superata nella lunga corsa verso le presidenziali del 2017. Quando, secondo i sondaggi, la bionda Marine dovrebbe stracciare il candidato socialista al primo turno, per perdere al ballottaggio contro quello della destra.
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