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Questo articolo è stato pubblicato il 01 ottobre 2014 alle ore 08:13.
L'ultima modifica è del 01 ottobre 2014 alle ore 08:46.
NEW YORK - Iera sera, tornando dal lavoro nelle loro case, alla fine di una giornata in cui si era parlato solo dell'uomo armato di coltello che si era infiltrato indisturbato nelle stanze della Casa Bianca, gli americani hanno appreso una notizia drammatica, quella che temevano di più: il virus dell'Ebola, il contagio mortale che ha fatto migliaia di vittime in Africa, è arrivato a Dallas in Texas.
È la prima volta che questa orrenda malattia contagiosa, che fa vittime nel 90% dei casi, esce dall'Africa. E l'incubo di una epidemia è diventato in serata il “talk of the town”, il discorso centrale in ogni comunità d'America. La notizia è stata diffusa dalle grandi reti televisive poco prima di una conferenza stampa ufficiale del Centro americano per il controllo delle epidemie, seminando grande apprensione fra la gente comune e preoccupazione fra le autorità che hanno cercato di isolare chiunque negli ultimi giorni sia venuto in contatto con il malato.
Il malato è un uomo atterrato a Dallas sabato 20 settembre scorso, in arrivo dalla Liberia, il paese africano più colpito dal contagio. La sua identità è stata mantenuta segreta. Era venuto in America per visitare la famiglia. Tutto sembrava normale fino a quando, un paio di giorni dopo, ha cominciato a sentirsi male. I sintomi: febbre e un po' di mal di stomaco. Al pronto soccorso lo hano rimandato a casa con delle aspirine, ma i sintomi sono peggiorati e finalmente il 28 settembre, domenica, è stato ricoverato in ospedale. Le sue condizioni erano visibilmente peggiorate, vomitava sangue. Un reperto sanguigno è stato inviato al CDC ( Center for Disease Control) e lì è stata fatta con certezza la prima diagnosi di un contagio di ebola fuori dal continente africano.
Quali pericoli?
Quanta gente è venuta in contatto con il malato? Che pericolo c'è che vi sia stato uno scambio di fluidi di qualunque genere e che il virus si sia diffuso ad altre persone? Quali sono i rischi? Per ora dovrebbero essere contenuti. Lo stesso Thomas Frieden, capo del CDC (Center for Disease Control), ha detto che il virus potrà essere circoscritto. «Le prossime mosse - ha detto - sono: 1) occuparci del paziente fornendo le cure più efficaci nel modo più sicuro possibile per ridurre al minimo la possibilità di un contagio; 2) identificare tutte le persone che sono state esposte al virus quando il paziente si è ammalato e monitorarle per 21 giorni, il periodo di incubazione della malattia».
Questi in estrema sintesi i dettagli sulla malattia: incubazione, 3 settimane, poi i sintomi si manifestano, non necessariamente gravi abbastanza da mettere in guardia. Febbre, dolori muscolari, vomito. Poi sintomi più gravi con perdite di sangue. Il contagio avviene solo quando il virus esplode, non quando è ancora in incubazione. Fino ad allora è facile uccidere il virus a volte semplicemente lavandosi le mani. Non ci sono cure certe, un vaccino è in fase di sperimentazione, il tasso di mortalità arriva fino al 90% e finora ci sono stati oltre 3mila morti “ufficiali” nell'Africa occidentale, ma ufficiosamente si dice che le vittime siano molte di più.
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