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Questo articolo è stato pubblicato il 01 ottobre 2014 alle ore 10:19.
L'ultima modifica è del 01 ottobre 2014 alle ore 12:16.

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Si individueranno «casi estremi» di licenziamenti disciplinari illegittimi dove rimarrà il reintegro nel posto di lavoro. La tutela reale sarà invece completamente eliminata nei licenziamenti economici. Al suo posto, per i nuovi assunti con il contratto a tempo indeterminato a protezione crescente, verrà introdotto un indennizzo monetario calcolato in base all'anzianità di servizio.

Questo perché «vogliamo dare certezze alle imprese sui costi di separazione, superando, al tempo stesso, la discrezionalità dei giudici». «Forme di flessibilità in ingresso resteranno. Spariranno solo le false collaborazioni a progetto. Ma saranno estesi i sussidi e le politiche attive cambieranno verso, con uno sguardo rivolto all'Olanda».
Tommaso Nannicini, economista all'università Bocconi di Milano e tra i più stretti consiglieri di Matteo Renzi, è convinto che il ddl delega sul Jobs act sia «un progetto ambizioso che semplificherà le regole ed estenderà diritti a vantaggio di imprese, lavoratori e investitori stranieri».

Ieri però il premier Renzi ha frenato sull'articolo 18. La tutela reale resterà anche per i licenziamenti disciplinari...
Nessuna retromarcia. La novità politica, pienamente in linea con il lavoro impostato dal ministro Poletti sulla legge delega, è che si eliminerà il reintegro per i licenziamenti economici. Vogliamo che sulla gestione e sulle decisioni aziendali decida solo l'imprenditore, e non più il giudice. Sui disciplinari poi verranno individuate delle casistiche estreme dove se il fatto contestato, per esempio un furto, risulta falso il lavoratore subisce una lesione della dignità personale e quindi ha diritto alla tutela reale.

Più o meno è così anche oggi. Non si rischia di lasciare ancora troppa discrezionalità ai magistrati?
No. Le tipizzazioni dei casi in cui resta il reintegro nei licenziamenti disciplinari e una precisa indicazione delle tutele monetarie in quelli economici daranno certezza, rispondendo alle richieste di aziende e investitori esteri. E lasceranno ai lavoratori una compensazione economica crescente con l'anzianità di servizio. Già oggi, dopo la legge Fornero, su 22mila licenziamenti individuali, circa il 60% viene risolto in via conciliativa.

Qualche dettaglio in più sulle tutele monetarie crescenti?
Sarà fissato un costo di separazione. È prematuro fare cifre, ma il dibattito in corso e le esperienze straniere suggeriscono tutele economiche nell'ordine di una-due mensilità ogni anno di servizio prestato. In questo modo se scatta il recesso dopo due-tre anni l'azienda pagherà 4-6 mensilità. Oggi si parte da 12 mensilità. Con una anzianità di servizio alta ovviamente la compensazione salirà di conseguenza.

Ma il nuovo contratto a protezioni crescenti a chi si applicherà?
Nella delega è chiaramente scritto: varrà per i nuovi assunti e per le aziende oltre i 15 addetti. Non mi risulta una discussione su possibili modifiche al regime di tutele per le imprese sotto i 15 dipendenti.
Il premier ha parlato anche di riduzione dei contratti flessibili. Spariranno i co.co.pro?
Sì. Ma resteranno le collaborazioni per le esigenze stagionali, per studenti e pensionati, e per quelle legate alla natura dell'attività professionale dei lavoratori. Ciò per evitare di creare lavoro nero. Si cancelleranno le false collaborazioni. Su circa 400mila collaboratori una buona metà potrebbe restare nelle forme “buone”. Le altre potrebbero transitare nei contratti a termine, già semplificati dal ministro Poletti, o nei nuovi contratti a protezioni crescenti.

Universalizzerete gli ammortizzatori sociali?
Sì. Su questo, la relazione del presidente del Consiglio, Renzi, e l'ordine del giorno della direzione Pd sono stati altrettanto chiari. Un'ipotesi è di unire Aspi e mini-Aspi, aprendo ai collaboratori. Serve un nuovo sussidio, di durata più lunga e con importi maggiori, graduato sulla storia contributiva del percettore. Adesso c'è un salto enorme tra la bassa copertura della mini-Aspi e quella più sostanziosa dell'Aspi, che scatta solo dopo 52 settimane di contribuzione. Il salto va ridotto, legando le prestazioni ai contributi, ma in maniera più graduale. Per far partire il nuovo sistema di ammortizzatori servono circa 1,5 miliardi, aggiuntivi rispetto alle risorse già stanziate per il 2015.

E sulle politiche attive?
Secondo me si dovrebbe guardare all'Olanda, dove il sistema pubblico fa da filtro, accogliendo il lavoratore e assegnandolo a una categoria di rischio. Poi c'è un voucher pagato a chi fornisce concretamente i servizi per l'impiego all'interno di un sistema di accreditamento. L'importante è che il voucher sia corrisposto solo a risultato occupazionale raggiunto. E proprio in Olanda il 70% delle agenzie private è no-profit, gestite anche dai sindacati. Una sfida per tutti, anche in Italia.

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