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Questo articolo è stato pubblicato il 02 ottobre 2014 alle ore 18:26.
L'ultima modifica è del 03 ottobre 2014 alle ore 09:14.
Il Brasile non è un Paese per principianti, diceva Tom Jobim. Eppure nell'immaginario collettivo degli europei resta il Paese del Carnevale e del calcio.
Non è più così, da tempo. Non solo dopo lo shock per la bruciante sconfitta della Seleçao per 7-1 contro la Germania.
Negli ultimi 15 anni il Paese che domenica va alle urne per le elezioni presidenziali è cresciuto a ritmi molto sostenuti e, a dispetto del rallentamento in corso, è una delle prime potenze economiche mondiali.
Nel 1941 lo scrittore austriaco Stefan Zweig scrisse “Brasile, Paese del futuro”. Dopo settant'anni quel futuro sembra finalmente arrivato.
Eppure al di là di alcuni stereotipi il Paese resta in gran parte sconosciuto, proprio per la sua estrema varietà geografica e umana.
Dieci domande per capire (e magari sorridere).
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