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Questo articolo è stato pubblicato il 02 ottobre 2014 alle ore 06:37.

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ROMA
Sarà solo stamattina tra le mani del presidente del consiglio comunale di Napoli la notifica formale, ma la firma del prefetto c'è già sotto il provvedimento di sospensione del sindaco Luigi de Magistris. Da ieri, all'ora di cena, dopo una giornata segnata dal question time del pomeriggio alla Camera di Angelino Alfano, quando si è capito che per arrivare al punto sarebbe stata una questione di ore e non di più.
Nella sostanza il ministro dell'Interno spiega come la legge Severino non lasciasse dubbi dopo la condanna a un anno e tre mesi in primo grado per de Magistris nel caso Why Not. Non diversamente da quanto avvenuto per analoghi casi del passato, due in particolare. Coloro che hanno «una condanna non definitiva per una serie di reati, tra i quali espressamente quello di abuso di ufficio, sono sospesi di diritto dalle cariche elettive», dice Alfano, richiamando la sentenza della Consulta che stabilisce la legittimità costituzionale dell'istituto, poi trasfuso nel decreto legislativo 235/2012, anche nell'ipotesi di sospensione condizionale della pena.
Incalzato dai giornalisti, alla notizia delle parole del ministro, de Magistris prova a svicolare («non ho ancora ricevuto niente di ufficiale»), scherza («è arrivata la notizia della condanna, salutatemela»). Ma annuncia in pratica quelle che saranno le sue intenzioni. E cioè quasi fare finta di niente. «Non so quello che faranno gli altri, so quello che farò io, non mi dimetto, farò il sindaco di Napoli fino al 2016 e starò di più per strada a fare il sindaco dei cittadini». La sospensione dal mandato nei confronti di de Magistris firmata dal prefetto di Napoli, Francesco Musolino, cesserà di produrre i propri effetti dopo 18 mesi. Fino ad allora l'ex magistrato vuole stare molto «per strada», avvierà da lì una fase di rigenerazione amministrativa.
La musica insomma non cambia per de Magistris malgrado il sigillo ufficiale sulla decisione. E questo nonostante ormai la pressione su di lui continui a crescere di giorno in giorno. «È ancora in tempo, si dimetta subito», scrive su twitter Gianni Lettieri, suo antagonista al tempo delle elezioni e ora consigliere di opposizione. Il Pd con la segretaria regionale Assunta Tartaglione non di discosta. «Se vuole davvero il bene di questa città, dovrebbe evitare a Napoli di vivere senza un sindaco nel pieno delle sue funzioni e si dimetta perché la situazione è inaccettabile per i cittadini». Al coro si uniscono i sindacati: per Cgil, Cisl e Uil «la città ha bisogno di voltare pagina», al di là delle vicende giudiziarie in cui si trova coinvolto de Magistris. Comunque sia a Palazzo San Giacomo ora si apre la questione della supplenza che verosimilmente toccherà all'attuale vice, Tommaso Sodano. Una condanna a suo carico non comporta l'applicazione di provvedimenti cautelari che gli impediscano di ricoprire temporaneamente la carica.
E non è nemmeno tutto. Perché de Magistris ha fatto parlare di sé anche per un verbale del processo Why Not, un'udienza del 9 maggio, nella quale cita il capo dello Stato in merito a una «secretazione» che lo riguardava quando era presidente della Camera. De Magistris, spiegando il perché aveva coperto i nomi di alcuni iscritti nel registro degli indagati, in aula disse che «c'era stato un precedente alla procura della Repubblica di Napoli dove il mio magistrato affidatario, il dottore Cantelmo, e un altro magistrato oggi componente d'esame, Quatrano, mi dissero che anche loro durante l'inchiesta di Tangentopoli procedettero a secretare un'iscrizione, in particolare quella dell'allora presidente della Camera, Giorgio Napolitano per evitare che ci potesse stare una fuga di notizie». La mancanza totale di riscontri portò i magistrati dopo alcuni mesi all'archiviazione della posizione di Napolitano.
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LA VICENDA
L'INCHIESTA WHY NOT
Condanna in primo grado
Luigi de Magistris, sindaco di Napoli, è stato condannato a un anno e tre mesi di reclusione (pena sospesa) dal tribunale di Roma. L'accusa era abuso di ufficio, per l'acquisizione, nell'inchiesta Why Not, di intercettazioni di parlamentari senza autorizzazione quando era pm a Catanzaro

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