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Questo articolo è stato pubblicato il 02 ottobre 2014 alle ore 07:41.
L'ultima modifica è del 06 ottobre 2014 alle ore 17:31.

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A fronte di una retribuzione mensile lorda di 1.500 euro, il trattamento di fine rapporto netto che resterà a disposizione del lavoratore oscillerà da 40 a 80 euro circa, se la quota di trattamento che finirà in busta paga sarà il 50 o il 100 per cento.

Il trattamento fiscale
Per determinare l'ammontare netto del Tfr erogato mensilmente (si vedano gli esempi riportati a fianco) si è applicata l'aliquota più bassa attualmente in vigore, cioè il 23%, anche se l'Irpef potrebbe essere più elevata in funzione di altri parametri (per esempio l'anzianità del lavoratore o l'ammontare globale del trattamento di fine rapporto, come nel secondo dei due esempi a lato).
Con riferimento alla tassazione, inoltre, è necessario fare un approfondimento. Tra le numerose ipotesi sviluppate sull'argomento c'è anche quella secondo cui il Tfr anticipato mensilmente o annualmente perderebbe la sua natura civilistica e diventerebbe una retribuzione a tutti gli effetti, con il conseguente venir meno della possibilità di applicare la tassazione separata prevista dall'articolo 17 del Tuir (generalmente più favorevole). Inoltre la corresponsione della quota di trattamento nel cedolino, tassata ordinariamente, farebbe aumentare l'imponibile fiscale annuo del dipendente da cui potrebbe derivare una limitazione di accesso ad alcuni servizi la cui fruizione è legata a soglie di reddito.
Su questo punto sembra corretto affermare che il Tfr non dovrebbe essere snaturato in conseguenza della nuova modalità di corresponsione, tenuto conto del richiamo del testo unico all'articolo 2120 del Codice civile su cui continuerà a basarsi il calcolo del trattamento. Sembrerebbe più verosimile parlare di un acconto costante, mensile o annuale, la cui tassazione potrebbe essere la stessa che oggi si pratica per le anticipazioni.

Il problema bonus 80 euro
Quanto all'accostamento tra il bonus da 80 euro (introdotto dal decreto legge 66/2014) e il pagamento del Tfr prima della cessazione del rapporto di lavoro, va sottolineato che mentre il bonus è effettivamente un'elargizione (a favore di alcuni) a carico della collettività, il Tfr è già dei lavoratori e la sua costante monetizzazione non costituirebbe, quindi, in alcun modo un beneficio. Inoltre, nel caso non fosse confermato che la quota del Tfr non fa aumentare l'imponibile annuo si potrebbe arrivare alla perdita – finora sempre smentita – del bonus.

Obbligo od opzione
Un importante aspetto da valutare è poi legato all'obbligatorietà o meno della monetizzazione. Qualora quest'ultima venisse imposta per legge, non si rispetterebbe la volontà di quei lavoratori che hanno rifiutato la destinazione del Tfr alla previdenza complementare a favore dell'accantonamento presso il datore di lavoro (ovvero presso il Fondo di tesoreria gestito dall'Inps). Essi si aspettano di ricevere a fine rapporto un “gruzzoletto” su cui fanno affidamento e di cui verrebbero privati a fronte del pagamento di una somma mensile. Se la misura verrà introdotta come possibile opzione, invece, si dovrà anche stabilire la decorrenza della scelta e se il dipendente potrà ripensarci e comunicare al datore di lavoro, in qualsiasi momento, di voler tornare alla liquidazione unica alla fine del rapporto di lavoro.

Il fronte dell'Inps
Il riferimento al Fondo di tesoreria gestito dall'Inps obbliga a ulteriori ragionamenti. Sappiamo che il Tfr dei dipendenti di aziende che occupano mediamente da 50 addetti in poi e che hanno deciso di lasciarlo in azienda e non usarlo per la costruzione della seconda pensione si trasferisce al Fondo. Se, quindi, la previsione della monetizzazione si riferisse alla totalità dei lavoratori, oltre a una corposa modifica normativa, il governo andrebbe incontro a una più che sensibile riduzione del gettito annuo. Forse, per evitare questa perdita di introiti, si potrebbe immaginare che la monetizzazione del Tfr possa riguardare solo le aziende sino a 49 dipendenti ma questo, tra l'altro, determinerebbe una diseguaglianza tra i lavoratori. Per non parlare del fatto che sono proprio le aziende di minori dimensioni a soffrire di più la crisi di liquidità.

La monetizzazione
Inoltre, la monetizzazione del trattamento di fine rapporto, offrendo al lavoratore la possibilità di poter contare su una maggiore disponibilità economica mensile o annuale, potrebbe costituire un deterrente per lo sviluppo della previdenza complementare, oggi quanto mai importante in particolare per le giovani leve. Infine, una proposta: se si vuole mettere a disposizione del lavoratore il Tfr mano a mano che matura si potrebbe modificare il Codice civile (articolo 2120) introducendo un'ulteriore possibilità di anticipazione (mensile o annuale) libera da vincoli e limitazioni.

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