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Questo articolo è stato pubblicato il 03 ottobre 2014 alle ore 06:37.

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ROMA
Pino Pisicchio, presidente del gruppo misto alla Camera, parla di «guerriglia sorda e omertosa che da sedici votazioni si sta svolgendo intorno ai nomi della Consulta». E descrive bene il gioco dei veti incrociati che anche ieri hanno portato alla fumata nera. Luciano Violante, candidato del Pd, ha continuato a perdere qualche voto e, anche se è rimasto sopra quota 500 (511), gliene sono mancati 60 per raggiungere il quorum (570) necessario a tagliare il traguardo. Al di là della fronda interna ai democratici, che punta a logorare lentamente l'ex presidente della Camera, è mancato il supporto dei forzisti: ben 66 di loro hanno ignorato le indicazioni dei capigruppo rifiutandosi di votare la new entry Ignazio Francesco Caramazza (solo 450 preferenze) e, verosimilmente, anche Violante, ma hanno continuato a scrivere il nome di Donato Bruno. Il resto l'hanno fatto la bassa l'affluenza (804 i votanti; 13 assenti nel Pd, 12 in Fi, 55 parlamentari in missione), le schede bianche (144) e quelle nulle (42), su molte delle quali c'era il nome «Caraminchia» suggerito da Roberto Calderoli in polemica con Fi per non aver contattato la Lega sulla scelta del candidato.
Se ne riparla martedì. E mentre i forzisti devono decidere se insistere su Caramazza o comunque su un tecnico in mancanza di alternative "politiche" del peso di Violante, il Pd conferma, per bocca del capogruppo Roberto Speranza, che l'ex presidente della Camera «resta» il suo candidato.
È ancora in alto mare anche la sostituzione dell'avvocato Teresa Bene al Csm (in quota Pd e accreditata come candidata del guardasigilli Andrea Orlando) dopo l'«ineleggibilità» dichiarata all'unanimità dal plenum. Mercoledì sera, a seguito di una lettera del Quirinale che segnalava la necessità della sostituzione, si era deciso di votare già ieri mattina ma poi tutto è slittato a data da determinarsi «a seguito di ulteriori valutazioni condotte dai presidenti delle Camere». Il motivo del rinvio è un piccolo giallo: fino a ieri sera, infatti, circolava la voce che il Parlamento volesse aspetttare il ricorso della Bene contro la delibera di esclusione, che lei aveva indirettamente adombrato nella sua dura replica al Csm ma senza successive conferme. Un'eventuale impugnazione avrebbe tempi lunghi prima di arrivare a sentenza definitiva, troppo lunghi per lasciare scoperto l'Organo di autogoverno della magistratura. Di qui la lettura politica del rinvio: una sorta di braccio di ferro del Parlamento (uscito con le ossa rotte da questa vicenda) con il Csm contro la delibera di «ineleggibilità». In serata, però, ambienti vicini alla presidenza della Camera escludevano che lo slittamento del voto a data da determinarsi dipenda dall'intenzione o meno della Bene di rivolgersi al giudice (ordinario, e non amministrativo) quanto piuttosto dalla mancanza di un accordo politico il più ampio possibile su un nuovo candidato a prova di "titoli". Nel contempo è filtrata anche la voce che la Bene, pur colpita dalla vicenda e convinta delle sue buone ragioni, non sarebbe intenzionata a fare ricorso.
Non è escluso che la partita ancora aperta sul Csm si rifletta anche sulla Consulta. Ieri Silvio Berlusconi ha detto di non aver mai fatto direttamente il nome dell'ex Avvocato generale dello Stato Caramazza né quello di Bruno ma solo di aver avallato le scelte del gruppo. Fatto sta che, uscito di scena Bruno, Fi stenta a trovare un candidato politico dello stesso peso, da contrapporre a Violante (Paniz, Sisto, Palma sono nomi che al momento non incontrano un consenso sufficientemente ampio). La scelta di un tecnico sembra quindi obbligata. In casa azzurra, però, si fa notare che Caramazza (che davanti alla Consulta ha difeso i governi Berlusconi, Prodi, Monti e Letta nella vicenda Abu Omar sul segreto di Stato) «non è uno dei nostri»: parole identiche a quelle che fecero cadere la candidatura di Antonio Catricalà. Inoltre, se tecnico deve essere, che sia tecnico anche il candidato del Pd. Tanto più, sostengono gli azzurri, che anche nel Pd ci sono maldipancia verso Violante «che non è mai stato il candidato di Renzi». Ieri, a chiedere apertamente un ripensamento in favore di un tecnico è stata la vicepresidente del Senato Linda Lanzillotta mentre i 5 Stelle hanno addirittura chiesto l'intervento del Quirinale perché Violante non avrebbe i requisiti per la Corte «come Teresa Bene».
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