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Questo articolo è stato pubblicato il 03 ottobre 2014 alle ore 08:44.
L'ultima modifica è del 03 ottobre 2014 alle ore 09:45.

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(Ansa)(Ansa)

ROMA - Non meno di 800 milioni-1 miliardo. A meno di due settimane dal varo della legge di stabilità sembra essere questo l'obiettivo minimo della riduzione di spesa per la sanità. Anche se resta in piedi l'ipotesi di un intervento più consistente, vicino ai 2 miliardi, con ricadute sul Fondo sanitario e sul patto per la salute con le Regioni. Ma i Governatori e il ministro Beatrice Lorenzin continuano a frenare su questa seconda ipotesi. La partita insomma è ancora in corso.

Con il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, che ribadisce come anche per la sanità esistano margini di risparmio. E che manda un messaggio chiaro ai ministeri dicendo al «Foglio» che se non arriveranno proposte adeguate per procedere con riduzioni selettive di spesa si procederà con tagli lineari. All'appello mancherebbero ancora almeno 3 miliardi del piano complessivo di tagli, che seppure ridotto rispetto all'obiettivo di 16 miliardi indicato dal Def di aprile, dovrà comunque garantire 10-11 miliardi, compresi gli 1,5-2 miliardi attesi dallo sfoltimento della giungla delle tax expenditures.

Gran parte dell'operazione sulla sanità sarà realizzata attraverso il nuovo giro di vite sugli acquisti di beni e servizi (convenzioni Ssn comprese), che complessivamente per tutta la Pa dovrà assicurare almeno 2-2,5 miliardi. Con la possibilità di arrivare a 4-5 miliardi, ovvero quasi la metà del piano di tagli. Secondo il sottosegretario all'Economia, Enrico Zanetti, l'asticella della “stabilità” sarà posizionata a quota 22 miliardi. Ma si potrebbe salire anche a quota 24-25 miliardi, magari per effetto della proroga, ma forse in maniera più selettiva, dell'ecobonus energetico e di quello per le ristrutturazioni edilizie, chiesta dal ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi. Una proroga che non è scontata per entrambe le agevolazioni.

Nella legge di stabilità, o in un suo collegato, sembra ormai destinato a entrare anche una misura che prevede la la garanzia statale, attraverso il Fondo centrale di garanzia, sulle Abs cosiddette «mezzanine» interessate dal piano Bce (si veda altro articolo a pag. 4). Nelle ultime ore all'interno del Governo ha preso quota l'ipotesi di inserire nella “stabilità” la norma sull'autoriciclaggio, frutto di una lunga mediazione tra Giustizia, Economia e Parlamento. Non è del tutto escluso, poi, che l'intero pacchetto di misure sul rientro dei capitali possa traslocare direttamente nella ex Finanziaria.

Alla stabilità saranno collegati dal Governo tre provvedimenti: oltre alla delega sulla Pa, già all'esame del Senato, il Governo varerà un'altra delega specifica sulla revisione dell'ordinamento degli enti locali e un disegno di legge con misure su spending review, promozione dell'occupazione e degli investimenti nei settori del cinema e dello spettacolo dal vivo.

Intanto non manca qualche polemica per la decisione del Governo di vincolare l'obiettivo a medio termine del raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2017 a una clausola di salvaguardia imperniata su interventi sull'Iva e sulle imposte indirette per 12,4 miliardi nel 2016, 17,8 miliardi nel 2017 e 21,7 miliardi nel 2018. Che, secondo la Nota di aggiornamento del Def, produrrebbe una perdita di Pil dello 0,7% con una contrazione di consumi e investimenti di 1,3 punti. Per la Confcommercio un aumento dell'Iva sarebbe «una resa alla crisi». No pure da Forza Italia. E critiche arrivano anche dal Codacons.

La “stabilità” dovrebbe essere varata il 15 ottobre. La cornice è stata delineata dalla Nota di aggiornamento al Def: 12,5 miliardi per la crescita facendo leva anche sugli 11,5 miliardi ricavati dallo scostamento tra il rapporto deficit-Pil “programmatico” per il 2015 (2,9%) e quello “tendenziale” (2,2%); 10-11 miliardi di tagli e potatura delle tax expenditures da utilizzare anche per disinnescare la clausola fiscale da 3 miliardi ereditata dall'ultima “stabilità” targata Letta-Saccomanni e far fronte ai 4-6 miliardi delle consuete spese indifferibili da 4-6 miliardi (dalle missioni di pace al 5 per mille).

Sul fronte dei tagli, al netto dell'operazione forniture, i singoli ministeri dovrebbero garantire altri 1,5-2 miliardi (con un contributo della Difesa di 3-500milioni). Un altro miliardo dovrebbe arrivare dalla prima stretta sulle partecipate a carico degli enti locali.

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