Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 03 ottobre 2014 alle ore 16:55.
L'ultima modifica è del 03 ottobre 2014 alle ore 17:50.

My24

I metodi usati da Stamina per la preparazione delle cellule staminali mesenchimali «non sono adeguati». Le cellule prodotte non rispettano i requisiti necessari per poter essere definite «agenti terapeutici». I protocolli proposti non hanno i requisiti basilari per uno studio clinico. Per questo «non esistono le condizioni per avviare un trial con il cosiddetto “metodo Stamina”, con particolare riferimento alla sicurezza del paziente». Sono durissime le conclusioni del comitato di esperti nominato sei mesi fa dalla ministra della Salute Beatrice Lorenzin che ha bocciato ieri per la seconda volta il metodo messo a punto dal presidente di Stamina Foundation, Davide Vannoni. Replica il vicepresidente della fondazione, il pediatra Marino Andolina: «Andremo all’estero».

Nessuna condizione per iniziare uno studio
Date le premesse, per la commissione presieduta dall’ematologo Mario Baccarani non meritano una risposta gli altri quesiti posti, ovvero quali patologie dovrebbero essere incluse nel trial, quali protocolli vanno definiti per ogni malattia, quali step lo studio dovrebbe percorrere tra quelli già autorizzati dall’Aifa per produrre materiale per terapie cellulari. Né tantomeno quali ospedali o istituzioni potrebbero ospitare i pazienti. Niente di niente: manca qualsiasi base scientifica che giustifichi anche soltanto la sperimentazione.

Lorenzin: verdetto senza possibilità di appello
«Sto aspettando di avere la relazione tecnica, ma posso dire, avendo letto solo le conclusioni, che il verdetto del comitato di esperti non ha possibilità di appello», ha detto la ministra della Salute Beatrice Lorenzin a RaiNews24. Quel verdetto dice che questo metodo «non sussiste, non ha i requisiti di efficacia, né per poter iniziare una sperimentazione». Quindi, «se non emergono altri elementi la sperimentazione non si farà». E, come promesso,«i 3 milioni che erano stati stanziati li voglio dare alla ricerca contro le malattie rare». «Dal punto di vista sanitario e scientifico per me la questione è chiusa - ha concluso il ministro- io spero che con serenità anche il nuovo Csm apra una fase di riflessione sul rapporto tra giustizia e scienza».

Aifa: scienza è metodo ed evidenze, stop ingerenze
L’Agenzia italiana del farmaco si prende la sua rivincita. «Il diritto alla tutela della salute non può e non deve essere la proverbiale coperta tirata da più lati», sottolinea il direttore generale Luca Pani. «Gli organi tecnici sono chiamati dalla propria missione istituzionale a tutelare la salute, per questo le loro decisioni dovrebbero essere al riparo da ogni ingerenza». Pani ricorda come il terreno della scienza «dovrebbe essere per definizione dominio esclusivo del metodo e delle evidenze», rievoca il divieto di continuare le terapie agli Spedali Civili di Brescia intimato dall’Agenzia nel 2012 e attacca: «È sconvolgente rileggere quelle quattro pagine e pensare che, solo pochi mesi dopo il divieto disposto dall'unica agenzia regolatoria competente numerosi giudici del lavoro avrebbero accolto i ricorsi presentati dalle famiglie dei pazienti, senza mai consultarci, intimando di riattivare i “trattamenti”». Pani ne ha anche per la politica: il decreto Balduzzi (legge 57/2013), che ha autorizzato la sperimentazione consentendo di continuare i trattamenti ai pazienti già in carico «avrebbe potuto trasformarsi in un grimaldello capace di scardinare le regole vigenti in tutta l'Unione Europea e fare dell'Italia un porto franco per i “mercanti di speranza”».

Andolina: terapie solo in un centro estero
Di fronte alla bocciatura la strategia già ventilata da Vannoni in passato è confermata oggi dal pediatra trapiantologo Marino Andolina, vicepresidente di Stamina Foundation. «Posso dire che la terapia di Vannoni è la migliore esistente al mondo - dice in un messaggio diffuso su Fb dal Movimento Vite sospese - ma che il solo modo di accedervi sarà quello di seguirlo in un centro estero. Io sono andato a mie spese nel paese europeo che pare voglia accettare questa terapia a norma delle sue leggi. Ho constatato che il servizio sanitario di quel Paese è adeguato a questo progetto; fatto questo ho completato il mio compito e non faccio parte del progetto». Secondo quanto traspare dai messaggi di alcune famiglie, si tratterebbe dell’Albania.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi